SALUTE

HPV: vacciniamo anche i maschi?

Il primo studio sull’epidemiologia dell’infezione da papillomavirus umano nei maschi lancia l’idea di una vaccinazione anche al maschile. Ma non mancano i dubbi, considerando che anche la vaccinazione femminile non è ancora a regime.

SALUTE – Il papilloma virus umano (HPV), con i suoi 130 ceppi diversi finora identificati, può essere responsabile di lesioni cutanee quali le verruche, ma anche di tumori all’apparato genitale sia femminile (in particolare il tumore al collo dell’utero) sia maschile. Mentre già da alcuni anni è attivo un programma di vaccinazione anti-HPV nella donna, l’epidemiologia dell’infezione da HPV nell’uomo è ancora poco nota. Ora, però, un articolo pubblicato sulla rivista Lancet fornisce per la prima volta un quadro preciso sull’infezione da papilloma virus umano nel sesso maschile.

Lo studio, coordinato dall’oncologa Anna Giuliano, del Lee Moffitt Cancer Center in Florida, ha indagato la storia naturale dell’infezione da HPV in oltre 1000 uomini residenti in Brasile, Messico e Stati Uniti. E’ risultato che 1 maschio su 2 era positivo per HPV e che  il 30% del campione era portatore di un ceppo aggressivo, in grado nel corso degli anni di causare un tumore. Inoltre, un po’ come avviene per il virus HIV, è stato osservato un  maggiore rischio di infezione nel caso di promiscuità sessuale (e qui l’indicazione per la prevenzione è chiara: se proprio non vogliamo essere monogami, almeno limitiamoci a pochi partner). E’ stato poi evidenziato che la storia naturale dell’infezione da HPV è diversa nell’uomo e nella donna: nel primo il rischio di contrarre l’infezione è all’incirca costante nell’arco di tutta la vita, mentre nella seconda il rischio è massimo intorno ai 20-35 anni per poi ridursi progressivamente con l’età. Il papilloma virus, dunque, sembra identificare nel maschio, magari un po’ “farfallone”, un preciso obiettivo dove nascondersi, spesso senza dare segno di sé per anni e nel frattempo trasmettendosi ai partner durante un rapporto sessuale. Per questo motivo, gli autori dell’articolo dichiarano di ritenere utile anche nell’uomo la vaccinazione contro l’HPV.

La pubblicazione del paper è avvenuta contemporaneamente alla prima Conferenza di Consenso sulle patologie da Papillomavirus umano nel maschio, organizzata alla fine di marzo a Roma dalle tre principali società scientifiche che si occupano di patologie maschili. Ovviamente si è anche discusso del lavoro di Lancet e una commissione di esperti ha stilato delle indicazioni da estendere su tutto il territorio nazionale, con le quali si raccomanda l’introduzione della vaccinazione anti-HPV anche nei maschi, dal dodicesimo anno di età. Le indicazioni non sono norme obbligatorie: semplicemente, in questa fase intendono diffondere il messaggio, senza allarmismi ma con chiarezza, che l’infezione da HPV non è da considerare una patologia solo del sesso femminile.

E’ però difficile immaginare un cammino in discesa per una proposta di questo tipo, considerando che anche il programma di vaccinazione anti-HPV femminile è stato molto discusso prima della sua approvazione. Ancora oggi non si hanno dati certi sulla durata dell’immunità data dal vaccino e quindi sulla necessità di eventuali richiami. Inoltre i due tipi diversi di vaccino oggi in circolazione sono rivolti contro i principali e più aggressivi ceppi di HPV: ci si chiede se (e quando) anche gli altri ceppi si faranno più agguerriti. In tutto questo, il PAP test rimane ancora l’esame consigliato per prevenire il cancro al collo dell’utero, anche nelle donne che si sono sottoposte a vaccinazione anti-HPV e l’idea iniziale di soppiantare questo test con la campagna vaccinale sembra sfurmata, almeno per ora. In coerenza con tutti questi dubbi, nel 2009 il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto superiore di sanità  ha  mostrato che, nonostante tutte le regioni italiane offrano gratuitamente il vaccino, la copertura non è ancora completa: solo il 53% delle ragazze nate nel1997 ha completato il ciclo vaccinale.

Insomma, la domanda sorge spontanea: meglio attaccare subito il papilloma virus in entrambi i bacini di infezione, oppure puntare prima a migliorare i risultati della campagna di vaccinazione femminile?


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