In Italia è ancora fermo, e tutto da discutere, un piano per le rinnovabili. Il Governo italiano, attraverso Eni, continua a investire sul gas da scisti e punta sul progetto Galsi
AMBIENTE – L’Eni in due settimane ha fatto partire due nuovi progetti per sfruttare il gas shale. Il primo in Polonia a metà aprile, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, evidenziando soprattutto l’impatto ambientale delle tecniche di estrazione, e il secondo in Algeria firmando, in data 28 aprile, un accordo di cooperazione con la Sonatrach (compagnia petrolifera di stato Algerina).
Un fattore determinante per le nuove attività estrattive è stata, ed è tuttora, la guerra in Libia come sembrano confermare le parole dell’Amministratore Delegato di Eni Paolo Scaroni «Nonostante le incertezze sui tempi di ripresa delle nostre attività in Libia, le prospettive di redditività e di crescita di Eni rimangono positive – e ha aggiunto – Eni è in grado di far fronte alla minore disponibilità di gas libico tramite altre fonti di approvvigionamento».
Ma l’estrazione di gas shale nel Nord Africa è legata anche ad un altro progetto che risale otto anni fa, un nuovo gasdotto che collegherà l’Algeria all’Italia. Avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno ed entrerà in funzione nel 2014.
Galsi, il Gasdotto Algeria Sardegna Italia, è sostenuto da una compagine di aziende internazionali e nazionali che operano nel mercato energetico – Sonatrach al 41,6%, Edison (20,8%), Enel (15,6%) Hera (11,6%) e Sfirs (10,4%), la finanziaria di investimento della Regione Sardegna.
Inoltre il nuovo gasdotto è considerato uno dei progetti prioritari per lo sviluppo della Rete Transeuropea dell’Energia e rientra nell’European Recovery Plan. L’Unione Europea ha stanziato fino a 120 milioni di euro per la sua realizzazione.
Il gruppo Galsi ha evidenziato più volte i vantaggi della grande opera: una risposta concreta al fabbisogno energetico, nuovi posti di lavoro, abbattimento delle bollette energetiche, con risparmi del 30-40% per le famiglie e per le imprese sarde e soprattutto un investimento in energia pulita.
«È un progetto ecocompatibile ed una risposta efficace anche in materia di salvaguardia ambientale – si legge dal sito www.galsi.it – L’utilizzo del gas naturale in alternativa agli altri combustibili fossili aiuta a ridurne il livello delle emissioni nocive in atmosfera contribuendo quindi al miglioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente».
Nel frattempo il 12 aprile a Bruxelles, il presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci ha firmato il Patto delle Isole un progetto pilota sostenuto dalla Commissione Europea con finanziamento diretto per la definizione di un approccio innovativo con cui affrontare le criticità delle isole europee in materia di politica energetica.
«La Sardegna – ha aggiunto il presidente, che è anche vicepresidente della Commissione ENVE del Comitato delle Regioni UE – unica regione italiana a partecipare attivamente all’iniziativa, intende essere protagonista delle politiche dell’Unione Europea per l’energia, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e lo sviluppo sostenibile».
Grande opera e grande entusiasmo ma quali sono le dimensioni di Galsi?
Il gasdotto partirà dall’Algeria, 285 km sott’acqua ad una profondità di 2824 metri, per approdare a Porto Botte nel golfo di Palmas, in provincia di Carbonia-Iglesias, attraverserà con una tubazione di 1 metro e venti centimetri di diametro, tutta la Sardegna per 272 km fino ad Olbia, per poi rigettarsi in mare per 280 km ad una profondità di 878 metri fino ad arrivare a Piombino in Toscana.
A inizio marzo il progetto ha ottenuto il via libera definitivo con le ultime due firme al decreto di VIA (Valutazione impatto ambientale) dell’allora ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi e del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Il comitato ProSardegnaNoGalsi che da anni si oppone al progetto, denuncia comunque l’impatto ambientale e paesaggistico dell’opera: sarebbero sette i siti di importanza comunitaria interessati, in zona S.Antioco il gasdotto passerebbe accanto al vulcano Quirino, le operazioni di posa della condotta nelle aree di approdo danneggerebbero le praterie di posidonia e i fondali marini in particolare nei tratti di costa, a Olbia un’area di 19 ettari diventerà off limits per far spazio ad una stazione di compressione, senza parlare delle attività di scavo dell’intera opera che interesserà 40 comuni con deprezzamenti dei territori attraversati dalla condotta e danni alle produzioni tipiche e alle attività agropastorali. Ancora, potranno essere deviati piccoli e grandi corsi d’acqua e non ultimo è possibile l’attraversamento di siti archeologici.
Che abbia ragione il Governo a puntare sul progetto Galsi per portare l’«energia pulita» nel nostro Paese, o i comitati dei cittadini ad opporsi alla grande opera, un dato è certo: secondo l’analisi della FEEM, Fondazione Eni Enrico Mattei, l’Italia si attesta al quindicesimo posto nella classifica mondiale della sostenibilità per il 2009. Rispetto agli altri paesi europei, la performance italiana supera solo quelle di Spagna, Portogallo, Grecia e dei paesi dell’Est.
«Il deludente risultato dell’Italia – si legge dal sito della FEEM – è dovuto soprattutto alla componente ambientale, in cui essa occupa solo il ventiseiesimo posto». Forse un motivo ci sarà.