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Come creare un dinosauro da un pollo

Basta riattivare geni ancestrali rimasti silenti nel Dna dei pennuti. Così, secondo il paleontologo statunitense Jack Horner, sarebbe possibile riavvolgere il nastro dell’evoluzione e resuscitare i grandi estinti. Dal Sasso: “Accanimento biologico”.

ANIMALI – Ricordate Jurassic Park? Nel film campione d’incassi di Steven Spielberg, tratto dall’omonimo romanzo di Michael Crichton, un gruppo di scienziati riusciva a riportare in vita i dinosauri con la tecnica della clonazione, utilizzando il Dna recuperato grazie al sangue succhiato da una zanzara, rimasta poi imbalsamata nell’ambra per milioni di anni. Avete sempre pensato che fosse plausibile? Dispiace deludere, ma era fantascienza. Consola, però, che all’epoca non lo sapeva neppure il consulente scientifico di Spielberg, il paleontologo Jack Horner, professore della Montana State University, tra i cacciatori di dinosauri più famosi al mondo. Horner ha provato per una vita a trasformare il sogno di Jurassic Park in realtà. Oggi, a distanza di quasi 20 anni dall’uscita nelle sale – era il 1993 – non si è ancora arreso, ma ha optato per il piano B: anziché ricreare un dinosauro a partire dal Dna fossile, missione rivelatasi impossibile, ha deciso di prendere direttamente un discedente dei lucertoloni preistorici e modificarlo geneticamente in modo da riportarlo indietro nel tempo. Tutto quello che gli serve è un pollo. C’è infatti un piccolo dinosauro dentro ogni pulcino e, con opportune tecniche d’ingegneria genetica, è possibile risvegliarlo, dice Horner. Basta toccare i tasti giusti.

È già un po’ di tempo che il paleontologo accarezza l’idea, illustrata nel libro “Come costruire un dinosauro. L’estinzione non dev’essere per sempre” e recentemente riproposta alla platea delle conferenze di TED. Nel corso dell’evoluzione, i volatili hanno perso o trasformato molte caratteristiche che erano proprie dei loro antenati dinosauri: non hanno più mascelle con i denti, neppure la lunga coda e le zampe con tre dita dotate di artigli sono molto diverse rispetto a una volta. Ma a ben vedere lo scheletro di polli è ancora molto simile a quello dei lontani parenti scomparsi 65 milioni di anni fa. Il Dna è lo stesso, seppur mutato, e i tratti più ancestrali non sono stati cancellati per sempre. Sono ancora lì, nella doppia elica, sepolti in qualche gene che non si esprime più o si esprime diversamente. Pertanto, se riuscissimo a riattivare quei geni silenti e stimolare opportunamente i geni attivi in un embrione di pollo, potremmo far schiudere dall’uovo anziché un pulcino, un cucciolo di dinosauro. O qualcosa del genere. Potremmo chiamarlo il “pollosauro”.

L’approccio è completamente diverso, e sulla carta, più semplice rispetto alla riesumazione del Dna fossile. Cosa, peraltro, infattibile, come spiega Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano. “Da Jurassic Park, l’ingegneria genetica ha fatto grandi progressi, ma non tali da permettere di ripetere gli esperimenti del film”, spiega. “Le uniche tracce di materiale genetico che è stato possibile recuperare fino a oggi consistono in catene di amminoacidi di una ventina di basi. In pratica, equivale a conoscere 5-6 parole in un’enciclopedia di 80 volumi, senza sapere neppure in quale pagina sono scritte”. Le zanzare, anche volendo, non potrebbero essere d’aiuto: “Non esistono giacimenti di ambra dell’era  mesozoica, i più antichi risalgono all’epoca terziaria, 20 milioni di anni dopo l’estinzione dell’ultimo dei dinosauri”, aggiunge Dal Sasso. “E comunque, sarebbe praticamente impossibile trovare sangue di dinosauro nelle zanzare: questi insetti hanno un apparato digerente che demolisce in tempi rapidissimi quanto prelevato”.

Archiviata l’idea di clonare i dinosauri, non resta che la strada alternativa proposta da Horner. Davvero è praticabile? “In teoria, sì”, risponde lo scienziato. “Dalla fine degli anni Novanta, grazie al rinvenimento di un giacimento in Cina, abbiamo compreso il grado di parentela degli uccelli con i dinosauri carnivori, detti teropodi, gruppo che comprende tra gli altri anche il Tyrannosaurus Rex e il Velociraptor, due dei protagonisti in Jurassic Park. In particolare, sappiamo che i volatili discendono direttamente da un piccolo sottogruppo, dei celurosauri, agili, predatori, bipedi. Ai celosauri appartiene anche Ciro, al secolo Scipionyx samniticus  il primo dinosauro italiano, che studio da anni”, prosegue Dal Sasso. “Le specie che meglio conservano i caratteri ancestrali dei dinosauri sono quelle dei non volatili, come i kiwi della Nuova Zelanda, gli struzzi o i polli. Si è visto, per esempio, che nei primi stadi embrionali il pulcino sviluppa un accenno della coda e dei tre artigli, ma lo sviluppo a un certo punto s’interrompe. Significa che il Dna conserva ancora il ricordo genetico del passato”.

In linea di massima, quindi, il pollo GM che torna dinosauro è un esperimento che potrebbe funzionare. Finora sono stati fatti pochi tentativi: si è provato a indurre la crescita dei denti in un embrione, ottenendo effettivamente denti simili a quelli del gruppo degli arcosauri. Le obiezioni, però, non mancano e sono più che altro di etica animale: “Riportare in vita un dinosauro da un pollo permetterebbe di verificare ulteriormente le teorie dell’evoluzione”, conclude Dal Sasso. “Personalmente, però, lo ritengo un accanimento biologico su animali che hanno preso un altro percorso evolutivo secondo natura”.

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