LIBRI

Storie di dinosauri che ce l’hanno fatta

"Dinosauri" è il nuovo libro divulgativo-comico del fumettista Leo Ortolani. L'abbiamo intervistato.

Leo Ortolani è senza dubbio uno dei più importanti punti di riferimento nel mondo dei fumetti italiano, in particolare quello umoristico. Pisano, classe 1967, geologo di formazione, ha conquistato generazioni di lettori con la comicità demenziale e surreale della saga di Ratman e con le parodie/rifacimenti di film di successo come Star Rats, il Signore dei ratti. The walking rat.

Molti suoi lavori hanno toccato da vicino il mondo della scienza: è suo il primo numero di Comics&science, progetto che a cadenza annuale coinvolge alcuni dei più grandi fumettisti italiani. Si è occupato in diverse occasioni dell’esplorazione del cosmo e il suo “C’è spazio per tutti” – realizzato in collaborazione con ASI ed ESA – è stato il primo fumetto ad essere portato nello spazio (dal nostro Paolo Nespoli). Dopo il cosmo, Ortolani si è cimentato con il mesozoico: ne è uscito un trattato umoristico e al contempo rigoroso dal titolo “Dinosauri che ce l’hanno fatta”.

Ne abbiamo parlato con l’autore che si è gentilmente prestato a alcune nostre domande.

Buongiorno Leo, partiamo con una domanda forse molto banale: come mai ti è venuto in mente di scrivere un libro sui dinosauri? Voglio dire… a differenza di altri libri su argomenti scientifici che hai realizzato,  Dinosauri che ce l’hanno fatta  non nasce da una collaborazione con enti scientifici o all’interno di un progetto divulgativo (come  Comics&science)…

In realtà “Dinosauri” nasce proprio dalle precedenti collaborazioni con COMICS&SCIENCE: sono stati i curatori di questa collana, Andrea Plazzi e Roberto Natalini a mettermi in contatto con Bianca Laterza, della casa editrice omonima, casa editrice famosa per il taglio scientifico e saggistico (si dice così?). E proprio pensando a “Misterius”, la mia trasmissione televisiva a fumetti di tutto quanto fa scienza e spettacolo (in senso ironico e deleterio), che Bianca mi ha proposto una collaborazione con la sua casa editrice. La richiesta è stata accompagnata dalle più rigide limitazioni: “Fai quello che vuoi”.

E io ho pensato subito al mio primo amore: i dinosauri, appunto. Visto che il libro “Guarda e scopri gli animali della Preistoria” è stato il primo libro che ho ricevuto in regalo in vita mia, i dinosauri sono da sempre una specie di imprinting del mio immaginario. Era il mio settimo compleanno, credo. Ero molto piccolo, non vorrei sbagliarmi. Visto il successo riscosso, negli anni successivi me ne hanno regalati tanti altri (oltre quelli a fumetti) e la mia curiosità sull’argomento si è accresciuta sempre di più.

Hai già scritto spesso su argomenti scientifici, eppure  Dinosauri che ce l’hanno fatta  è qualcosa di un po’ diverso: nelle produzioni precedenti c’era sempre una storia, una linea narrativa piuttosto forte, qui invece siamo di fronte a un trattato – spassosissimo, surreale ma al tempo stesso scientificamente accurato – di paleontologia. Insomma, un ambito un po’ nuovo… È stata una scelta voluta fin dall’inizio? È qualcosa che ti è venuto spontaneo? Che difficoltà hai trovato e che soddisfazioni hai avuto rispetto a una scrittura di tipo più narrativo, classico?

Se mi parli dei libri sulla conquista dello spazio, “C’è spazio per tutti” e “Luna 2069”, c’è uno stacco netto, per quanto riguarda l’approccio alla materia trattata. In questi due casi ho utilizzato due storie avventurose su cui ho innestato siparietti di divulgazione scientifica. Qui, la narrazione ha un ruolo più importante e la divulgazione la accompagna, raccontando le scoperte e i traguardi dai quali decolla la storia stessa. Nel caso di “Dinosauri”, l’idea era più divulgativo-comica, come nelle mie precedenti e brevi puntate di “Misterius”. Ma a differenza di queste storie, abbastanza brevi, dove gli argomenti erano a volte pretesto per una serie di siparietti surreali, sempre però legati a una rigorosa documentazione scientifica, qui avevo di fronte la realizzazione di un intero libro. Non più 16 o 32 pagine al massimo, ma almeno 100 pagine di “Misterius”. Anche l’approccio non poteva più essere quello di creare brevi siparietti su argomenti random, doveva essere più rigoroso. Dovevo raccontare le cose come se fosse un vero libro sui dinosauri. Così ho cambiato il passo della narrazione, il respiro, l’ho fatto meno frenetico, meno demenziale e più ponderato, seppur sempre umoristico.

Accennavi all’importanza del documentarsi in modo approfindito… C’è qualcosa che hai scoperto che ti ha particolarmente colpito/divertito durante le tue ricerche sui dinosauri e/o sul cosmo?

Si parte sempre da uno studio attento degli argomenti trattati. Attento e rigoroso, perché anche se lo racconto ridendo, quello che racconto deve essere confermato dai fatti e dai dati che, grazie alla rete, sono a disposizione di tutti. Per i “Dinosauri”, sapevo che non avrei potuto approfondire più di tanto l’argomento (non sono un paleontologo, anche se presi 27/30 all’esame). Così ho cercato di costruire innanzitutto una struttura su cui costruire la mia “trasmissione”, dividendola in veri e propri capitoli, in modo da dare al lettore il modo di orientarsi e di capire bene di cosa stiamo parlando.

Certamente le scoperte non sono mai poche, in questa fase. Io ero abituato ai miei dinosauri degli anni ’70, belli dritti, con la coda che striscia, senza piume. Ho dovuto fare i conti con Velociraptor piccoli come un pollo e piumati, con Brontosauri che per un po’ sono stati chiamati Apatosauri, prima che i due fossero separati in due gruppi distinti,Tirannosauri anch’essi piumati e ben 5 estinzioni di massa, mentre conoscevo (o ricordavo) solo quella “dell’asteroide”.

La quarta di copertina (“L’epoca più selvaggia e feroce che il nostro pianeta abbia mai conosciuto, prima dell’arrivo degli adolescenti”), sembra avere dei risvolti autobiografici… Ecco, il mondo dei dinosauri ha sempre avuto una forte presa sui bambini e sui ragazzi. Le tue figlie si sono incuriosite particolarmente quando hanno saputo che scrivevi un libro sui dinosauri? Ti hanno dato suggerimenti o ti hanno ispirato alcune battute o pagine del libro?

Le mie figlie, in quanto feroci, non sono interessate ai dinosauri, a meno che questi non abbiano un profilo Instagram dove pubblichino delle storie a nastro, accompagnate da canzoni inascoltabili per uno dell’Archeano, come me. So che hanno visto Jurassic Park, ma non hanno manifestato curiosità per i sequel. Sono proprio delle adolescenti in piena regola. Hanno i loro film, i loro telefilm, le loro canzoni e a noi genitori pare di essere già estinti da un pezzo. A volte, si invoca a gran voce un altro asteroide.

Ci sono dinosauri che volevi inserire ma poi hai dovuto sacrificare per mancanza di spazio o perché difficilmente inseribili nel racconto? O altri a cui hai pensato dopo?

Capita sempre, che alla fine non ci sia posto per tante cose. Durante la lavorazione di ciascun libro si scrivono tante cose, ma mentre il libro viene assemblato, ce ne sono diverse che cadono dal tavolo e vengono spazzate via, come trucioli. Io li raccolgo sempre, questi trucioli, che magari li userò in altre storie, ma spesso restano inutilizzati nelle loro buste, archiviate con cura. In ogni modo, quando un libro è finito, per me è finito. Non ho mai fatto una Director’s cut, perché il libro che pubblico è esattamente il libro che avrei voluto pubblicare.

In una delle pagine per me più divertenti e surreali del libro, un bambino gioca con delle statuine dei Santi Cosma e Damiano che vengono aggredite da uno stiracosauro giocattolo…. a me per qualche motivo ha fatto venire in mente la difficoltà di mettere assieme fede e scienza… Insomma, esistono pochi divulgatori scientifici religiosi (e divulgatori religiosi scientifici), tanto meno a fumetti. Perchè secondo te fede e scienza sono spesso viste come due mondi contrapposti?

La Fede, a differenza della Scienza, non richiede prove e dati su cui fondarla. Avere Fede coinvolge la sfera spirituale dell’uomo e chi crede non chiede prove che non potrebbe comunque avere (a parte San Tommaso). Nella Scienza, per quanto è possibile, ogni conclusione viene provata più e più volte. È un “credo” laico, che dipende dal lavoro incessante, minuzioso e spesso invisibile di generazioni di scienziati. Non penso che si debba scegliere tra Fede e Scienza. Si può semplicemente studiare la realtà, sbalorditi dalla capacità creativa di Dio. Non credo invece nei fondamentalismi, per cui le guide che lavorano al Grand Canyon, dove sono visibili stratificazioni risalenti al Cambriano, sono costrette per contratto a evitare di rispondere a domande del pubblico sull’età di questi strati, per non offendere il credo religioso degli eventuali “creazionisti” presenti.

Il titolo ammicca già all’idea dell’evoluzione dei dinosauri in uccelli, eppure (in modo anche esplicito, per esempio nella vignetta del tirannosauro piumato) i tuoi dinosauri si presentano “old school”… Quanto ha giocato la nostalgia dei dinosauri “vecchi” nello scrivere il tuo libro? Hai mai preso in considerazione l’idea di rendere i dinosauri piumati nei disegni? Quanto resta ancora del dinosauro vecchio stile nell’immaginario collettivo ? Temi la sua estinzione?

Sono da sempre un grande sostenitore del dinosauro nudo. Detta così, suona malissimo, ma l’idea di un Tirannosauro piumato mi sgomenta. Sono cresciuto con dinosauri nudi da tutte le parti, compreso quelli presenti negli ultimi film , anche questi restii a ristabilire la verità. L’idea che potessero essere non solo piumati ma di colori sgargianti cozza violentemente contro le creature che ho amato per tutta la mia vita. Ho già accettato a fatica la loro postura reale. Tutta bilanciata in avanti, con la coda in aria. Posso anche accettare che non camminassero come damerini per la Pangea. Ma le piume, faccio fatica. Nonostante l’evidenza.

Del resto, pare assurdo, ma si è iniziato a studiare i dinosauri soltanto da 200 anni a questa parte. Creature vissute per centinaia di milioni di anni, sparite (a parte gli uccelli) da 65 milioni di anni e riscoperte solo da 200 anni. Potete quindi perdonarmi se resto attaccato al dinosauro vecchio stile, visto che le piume sono arrivate praticamente ieri. So che sbaglio, ma io il dinosauro lo immagino così. L’ho sognato decine di volte, che un Tirannosauro mi inseguisse. Non aveva piume. E che un Brontosauro passasse davanti alla mia finestra, al terzo piano. Nemmeno lui era piumato.
Sono cresciuto insieme a loro, lasciatemeli sognare così.

Parlando del tuo rapporto con la scienza, in  Luna 2069  i protagonisti sono l’astronauta idealista Fortunato e il semi-onnipotente Mr. Mask, parodia non troppo nascosta – eufemismo – di Elon Musk e del miliardario che vede la scienza come un business e al tempo stesso come un giocattolo. Come vedi la “privatizzazione” della scienza? È più una risorsa o qualcosa che fa paura?

Ci sono decine e decine di storie che raccontano di scienza privata e quindi pericolosa. A partire proprio dal “Jurassic Park” che qui viene citato a pioggia. Ma attenzione, perché anche la scienza pubblica, per così dire, ha comunque il preciso scopo di realizzare un profitto, più o meno indiretto. Per cui i risultati delle ricerche sono sempre interessanti per tutti. E nel caso della scienza privata, a volte gioca un ruolo importante nel mostrare la strada alla scienza ufficiale. I risultati scientifici e tecnologici di una azienda privata come Space X hanno sbalordito il mondo e si ripromettono di sbalordire ancora. Quanti di noi hanno mai pensato che un razzo potesse rientrare alla base, atterrando dritto, come nei cartoni animati di Bugs Bunny degli anni ’60? Nessuno. Ma Elon Musk, sì. E dopo gli inevitabili errori, adesso questa cosa è una realtà. Una realtà che ha svegliato aziende spaziali governative di tutto il mondo e altre aziende spaziali private, ringalluzzite da nuove frontiere, da nuovi slogan.

Ovviamente, la nuova aria da “corsa allo spazio” non è solo propaganda o una gara a chi ha il razzo più lungo. Si raccolgono continuamente scoperte e tecnologie che ricadono poi a pioggia sull’intera umanità, che ne beneficia in modi anche completamente inaspettati. E sono queste, le cose che spesso entrano nelle nostre storie di divulgazione a fumetti, proprio perché a volte risultano “traguardi invisibili”: chi scrive sul telefonino che non siamo mai stati sulla Luna, ignora che lo può fare proprio grazie allo sbarco sulla Luna e a tutta la tecnologia che è stata creata apposta perché si potesse arrivare fino là. Tecnologia da cui poi è derivata, nei decenni successivi quella che stiamo attualmente utilizzando.

Forse parlo a titolo personale, ma alla mia generazione espressioni come “gioco/videogioco/fumetto educativo” facevano accapponare la pelle. Slogan come “Impara divertendoti” sembravano dei capolavori di cinismo… e credo che nessuno si sia mai avvicinato ai fumetti leggendo un fumetto educativo. Quando hai iniziato a fare divulgazione scientifica hai mai avuto la paura di addentrarti in un campo minato? È cambiato qualcosa secondo te nell’intrattenimento educativo? C’è ancora del sospetto, soprattutto da parte dei più giovani, verso il fumetto che istruisce?

Devo ammettere che io stesso non leggerei mai un fumetto educativo. Ci provai, decenni fa, con “Storia dell’Italia a fumetti”. Una pesantezza inenarrabile. Ma al tempo stesso, ricordo con piacere certi libretti disegnati e a colori, dove si spiegava la vita delle piante o il ciclo dell’acqua. Albetti che recavano allegati dei trasferelli, con cui si poteva giocare nelle ultime pagine. Quindi la divulgazione e “imparare divertendosi” per me è sempre stato possibile, ma va saputo fare. Non basta mettere delle vignette sotto delle pesantissime didascalie di spiegazione. La scienza, l’arte, la storia e ogni materia in generale, vanno sapute raccontare. Con passione, con divertimento, con curiosità. Magari non riesci ad approfondire, ma puoi riuscire a instillare la curiosità. Poi da lì nasce tutto. Se non mi avessero regalato un libro pieno di meravigliose figure di dinosauri non so se avrei sviluppato questa passione. Era un libro che non aveva pretese di spiegarti tutto quanto, mescolava animali del Pleistocene con rettili e con dinosauri veri e propri, ma la potenza di quelle immagini era straordinaria. E per un bambino di sette anni era un ottimo inizio.

Nei tuoi fumetti hai parlato di dinosauri e di spazio…ci sono altri ambiti scientifici di cui ti piacerebbe occuparti o che ti incuriosiscono?

Volendo, riesco a raccontare quasi tutto, anche se ho grossissimi limiti in Fisica e in Matematica. Al momento sono tentato di realizzare un nuovo libro su un altro argomento che interessa me, come milioni di altre persone nel mondo: antichi egizi! MISTERIUS ci andrebbe sicuramente a nozze.

Immagino Ratman sia stato una parte importante della tua vita, professionale e personale.  Ti manca  mai? Come si vive senza di lui? Si ripresenta, ogni tanto, magari non richiesto?

Be’, se avete letto “C’è spazio per tutti” e “Luna 2069” avete capito che ci continuiamo a vedere tranquillamente, che lavoriamo sempre insieme, anche se con ritmi diversi. Così, non temete, Rat-Man tornerà sempre, magari in una forma diversa, come nei panni del milionario Mr. Mask, o in quelli del protagonista del prossimo volume a tema spaziale, ambientato su Marte. E in parallelo, la sua saga, ristampata per la terza volta, sta per essere riproposta una quarta volta, in libreria. In buona sostanza, nella mia nuova vita da fumettiere e divulgatore comico scientifico, C’E’ SPAZIO ANCHE PER RAT-MAN.


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Carlo Rigon
Di formazione umanistica, ha conseguito il Master in Comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste. Insegnante, si occupa con scarso successo e poca costanza di tante cose. Tra i suoi progetti più riusciti un "museo del dinosauro giocattolo", ora chiuso.