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Cellule cerebrali create senza passare dalle staminali

Secondo uno studio svedese, è possibile riprogrammare cellule adulte dalla pelle umana direttamente in cellule cerebrali, senza passare dalla fase delle cellule staminali. La tecnica, inaspettatamente semplice, consiste nell’attivazione, nelle cellule della pelle, di tre geni attivi nella formazione di cellule cerebrali nella fase fetale

FUTURO – Per la prima volta, un gruppo di ricercatori dell’università di Lund, Svezia, è riuscito a creare tipi specifici di cellule nervose, partendo da cellule di pelle umana. Riprogrammando cellule del tessuto connettivo dette fibroblasti in cellule nervose, si è aperto un nuovo campo con grandi potenzialità per quanto riguarda i trapianti cellulari.

La scoperta rappresenta un cambio fondamentale nel modo di guardare alla funzione e alle capacità delle cellule adulte. Prendendo cellule adulte come punto di partenza, invece che cellule staminali, i ricercatori svedesi evitano anche gli spinosi dilemmi etici legati alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Questo è un punto particolarmente significativo soprattutto in un paese come l’Italia, dove il mancato raggiungimento del quorum al referendum del giugno 2005 su temi di bioetica, con la Chiesa cattolica schierata compattamente a difesa dell’astensione, non ha permesso l’utilizzo delle cellule staminali embrionali nella ricerca scientifica.

Il capo del gruppo svedese, il neurobiologo Malin Parmar, è stato sorpreso di quanto i fibroblasti fossero recettivi alle nuove istruzioni. “Non credevamo che potesse funzionare: eravamo convinti che fosse un esperimento interessante da provare, niente di più. Ma ci siamo accorti presto che le cellule erano sorprendentemente recettive alle istruzioni”. Lo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista PNAS, mostra che un’espressione stimolata di tre proteine permette di trasformare i fibroblasti umani in neuroni: inoltre, se si attivano altri due geni, si possono produrre cellule cerebrali in grado di produrre dopamina, cioè il tipo di cellule che muoiono nella malattia di Parkinson. Quindi, se i risultati dello studio dovessero essere confermati, sarebbero gli stessi malati di Parkinson a fornire le cellule da trapiantare e riprogrammare in cellule cerebrali nuove.

Quasi contemporaneamente, negli Stati Uniti, un altro gruppo di ricercatori della Stanford University Schoolf of Medicine sono arrivati a conclusioni praticamente uguali a quelle del gruppo svedese. Come si legge sulla versione online di Nature, a partire da precedenti esperimenti su topi, il gruppo condotto da Marius Wernig ha inizialmente usato gli stessi tre fattori di trascrizione del gruppo di Parmar: in questo caso, tuttavia, essi non sono stati sufficienti, da soli, a ottenere neuroni capaci di comunicare tra loro. Si è dovuto quindi aggiungere un quarto fattore, NeuroD, per arrivare a un funzionamento corretto dei neuroni prodotti.

A differenza dei vecchi metodi di riprogrammazione, in cui le cellule epidermiche erano trasformate in cellule staminali pluripotenti (cioè, capaci di specializzarsi in molti tipi diversi di cellule), la riprogrammazione diretta significa che le cellule epidermiche non passano dallo stadio di cellule staminali quando sono convertite in cellule nervose. Saltare lo stadio di cellule staminali elimina in potenza anche il rischio di formazione di tumori durante il trapianto. La ricerca sulle cellule staminali è stata infatti ostacolata dalla propensione di alcune cellule staminali a continuare a dividersi e a formare tumori dopo il trapianto.

Prima di poter usare la tecnica di conversione diretta nella pratica clinica, saranno necessarie ulteriori ricerche per capire come le nuove cellule cerebrali sopravvivano e funzionino nel cervello. Si pensa che in futuro i medici riusciranno a produrre le cellule cerebrali di cui i pazienti hanno bisogno da un semplice campione di capelli o di pelle. Inoltre, si presume che cellule specificamente progettate e prese dal paziente saranno meglio accettate dall’organismo rispetto a cellule trapiantate da tessuto donatore.

“Questo è in effetti il nostro scopo nel lungo termine. Speriamo di poter prendere dei pezzetti di tessuto da un paziente, produrre cellule dopaminergiche, per esempio, e trapiantarle come cura per la malattia di Parkinson”, conclude Parmar, che continua le sue ricerche per sviluppare più tipi di cellule cerebrali usando la nuova tecnica.

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