La Technische Universität di Monaco ha presentato nuovi moduli tattili che consentirebbero ai robot di sentire il calore, un pugno, una carezza o anche solo un soffio d’aria
FUTURO – Si chiamano HEX-O-SKIN. Sono una nuova generazione di moduli tattili per umanoidi. Sono stati realizzati dai ricercatori dell’Università di Monaco e costituiscono la base per una possibile pelle per robot, sensibile quanto quella di un uomo. Il team sta infatti sviluppando un tessuto fatto da questi circuiti, piccole “maglie” esagonali di circa 5 centimetri che, una volta assemblate, diventano una vera e propria pelle sensibile per robot o, come li definiscono i ricercatori tedeschi, “macchine con il cervello”. I circuirti sono infatti equipaggiati con una serie di sensori in grado di rilevare temperatura, accelerazione e prossimità, emulando gli umani sensi per la temperatura, per la vibrazione e per il tocco leggero.
Al momento solo una piccola porzione di pelle è completa, ma gli scienziati hanno già costruito un prototipo con 15 sensori: un segmento di un braccio equipaggiato che ha permesso loro di chiarire che la cosa può funzionare. Un controller disposto su ogni HEX-O-SKIN (a sua volta inserito in una rete di materiale elastico che funge da pelle e che tiene insieme tutte le “maglie”) riceve il segnale dal sensore e si connette con un pc/cervello, che darà il comando all’arto robotico di muoversi di conseguenza. Esattamente come accade per quella umana, il modo in cui la pelle artificiale viene toccata può condurre a risposte motorie spontanee del robot quando, ad esempio, colpisce un oggetto e si ritrae oppure far sì che la “macchina con il cervello” usi lo sguardo per la prima volta in assoluto alla ricerca della sorgente del contatto.
Ovviamente la portata di queste ricerche è chiara a tutti, soprattutto a chi è cresciuto leggendo fantascienza e sognando al cinema, perché la nuova pelle non sarà solo un modo perché le macchine possano muoversi meglio all’interno di un contesto sociale, ma sarà soprattutto la prima volta che un robot potrà “sentire” ed avere anche percezione di sé.
La nostra pelle è parte fondamentale del rapporto con la nostra fisicità e della comunicazione con il contesto che ci circonda, ma ci sarà un momento in cui non saremo più gli unici a provare il dolore fisico, un bacio sulla guancia o una carezza leggera. Quanto ci vorrà perché la scienza possa produrre i tanto desiderati e insieme temuti robot sensibili anche di cuore? Possiamo ancora dire con certezza che il Bishop di Alien, il mitico Numero 5 di Corto Circuito, il Sonny di Io, robot, Il modello NDR-114 (Andrew) de L’uomo bicentenario siano uno scenario davvero impossibile?