Via tutti (meno uno) i presidenti in carica negli enti pubblici di ricerca. Dentro i nuovi nominati dalla Gelmini. Si chiude col solleone l’operazione riordino. Non tutto, però, appare alla luce del sole. E con la finanziaria, torna la minaccia cancellazione.
POLITICA – Per chi rientra in questi giorni dalle ferie estive, la sorpresa è tanta. Il panorama della ricerca italiana, nel giro di una settimana, ha cambiato volto. Non c’è praticamente più nessuno al timone dei centri di ricerca di quanti erano alla guida fino a dieci giorni fa, e da ormai diverso tempo. Sabato 13 agosto, mentre la maggior parte della gente era a mollo in riva al mare o in vacanza da qualche parte, nelle stanze dei bottoni di Viale Trastevere il ministro dell’Istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini, sfidava la canicola approvando l’atto finale della manovra di riordino degli enti, avviata nel 2007 dall’allora presidente del consiglio Prodi. Nomi nuovi, per lo più scienziati di spicco, un po’ più giovani (età media 60 anni, anziché 69). Due donne, per la prima volta. Il ricambio era atteso, anche se l’operazione è stata finalizzata con una tempistica spiazzante. Proprio a ridosso di ferragosto. Non esattamente il momento in cui si gode della massima attenzione pubblica, e neppure quello più consono per consentire ai presidenti uscenti di congedarsi. Undici in tutto gli istituti riformati.
Si cambia. Dai più grandi, come Cnr, Asi, Inaf, ai più piccoli, come il Centro studi Enrico Fermi, Istituto di Studi Germanici e Consorzio Area Science Park di Trieste, i quali peraltro, oltre a un nuovo presidente e CdA, hanno scoperto con sconcerto di essere nuovamente a rischio estinzione per le misure previste nella finanziaria-bis di Tremonti.
La Gelmini ha fatto praticamente piazza pulita della vecchia dirigenza. Con la sola eccezione, non esente da polemiche, dell’Agenzia spaziale italiana. Gli altri, tutti via. In alcuni casi perché erano sopraggiunti i termini, ma più spesso il segnale sembra piuttosto quello di un cambio di rotta rispetto agli incarichi designati dall’ex ministro Mussi. Così, se ne va dal Consiglio nazionale della ricerca (Cnr) Luciano Maiani, entrato a Piazzale Aldo Moro a febbraio 2008, poco prima della caduta della passata legislatura. Ad amministrare il più grosso ente scientifico, con un budget annuo da quasi un miliardo di euro, 108 istituti e circa 8 mila dipendenti, arriva il rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo. Lascia la poltrona dell’Istituto nazionale d’astrofisica (Inaf) dov’era seduto da tre anni mezzo Tommaso Maccacaro, sostituito da Giovanni Bignami, scienziato di lunga carriera. Enzo Boschi, dopo oltre di 10 anni all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e due mandati già scaduti e prorogati, cede il posto a Domenico Giardini, grande esperto di terremoti. All’Ogs, l’Istituto di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste, s’insedia la matematica Maria Cristina Pedicchio, già a capo del Consorzio di biomedicina molecolare (Cbm), doppio incarico a cui, ha già chiarito, non intende rinunciare. Sostituzione anche all’Area Science Park di Trieste, dove assume le redini Corrado Clini, anch’egli contemporaneamente direttore generale del Ministero dell’Ambiente: neppure lui si dimetterà. Cambio della guardia anche all’Istituto di ricerca metrologica (Inrim), e nei piccoli centri d’eccellenza, come la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, all’Istituto nazionale di alta matematica, all’Istituto Enrico Fermi, dove si chiude la lunga era di Antonino Zichichi con la nomina di una sua allieva dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), Luisa Cifarelli, fino all’Istituto italiano di studi germanici, il più piccolo ente pubblico di ricerca. (A proposito dell’Infn: farà le valigie in autunno anche l’attuale presidente, Roberto Petronzio, per doppia presidenza, ma per statuto la nomina segue prima una procedura interna.)
Come dicevamo, in questa tornata di stravolgimenti, l’unico rimasto in sella, il solo che la Gelmini ha riconfermato, è il presidente dell’Asi, Enrico Saggese. Un’eccezione che balza all’occhio, considerato che per l’ingegnere è scaduto il mandato come presidente, dopo il periodo di commissariamento, ed è stato già oggetto di interrogazioni parlamentari per conflitto d’interessi, a causa del precedente incarico in Finmeccanica (che dall’Asi riceve ingenti commesse). La scelta di Saggese getta qualche ombra sul vanto che fa il Miur di aver adottato per le nomine dei presidenti una “procedura innovativa, ispirata a criteri di trasparenza e correttezza”.
A discrezione finale del ministro, i “vincitori” sono stati scelti sulla base di una rosa di cinque candidati selezionati da una ristretta commissione di saggi, presieduta dal genetista Francesco Salamini. Si riconosce alla commissione di aver individuato curricula forti. Tra questi chi ha primeggiato – specifica la nota del Miur – è stato scelto “non solo i meriti scientifici e la preparazione accademica ma anche le capacità manageriali e le competenze di gestione”. Eppure, qualche polemica, non solo sul dubbio di legittimità della nomina all’Asi, si è alzata lo stesso. Se infatti è stata pubblicata la cinquina dei concorrenti di ogni ente, non è stato reso noto l’elenco di tutti i candidati in lizza, che a rigore in un concorso pubblico non dovrebbe aver segreti. In questo modo, non è possibile verificare se i migliori cinque fossero davvero i migliori.
Per esempio: ci risulta che Nanni Bignami abbia fatto domanda sia all’Inaf, che al Cnr, che all’Asi (di cui è già stato presidente, prima di esser rimosso dalla stessa Gelmini): perché sarebbe entrato nella cinquina solo per Inaf? Si potrebbero sospettare che la commissione abbia deciso di evitare al ministro una situazione imbarazzante, con Bignami e Saggese come sfidanti. Non era vietato ai candidati fare domanda per più enti. Tant’è che Maria Cristina Pedicchio è stata selezionata in due cinquine, Ogs dove ha vinto, e Area Science Park.
Comunque, i giochi sembrano ormai chiusi e il nuovo corso della ricerca è già iniziato con gli auguri di buon lavoro da parte dei presidenti uscenti. Tuttavia, per alcuni, l’incarico potrebbe chiudersi in un tempo lampo. La manovra economica di Tremonti, infatti, prevede la soppressione delle amministrazioni pubbliche con meno di 70 dipendenti. Sorte, che quindi, toccherebbe al Centro studi “Enrico Fermi”, all’Istituto di Studi Germanici e al Consorzio Area Science Park. A meno che non vengano esplicitamente eslcusi dal provvedimento, in qualità di “enti di particolare rilievo”. Se non lo sono loro, quali?