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Lo specchio fuorilegge

FUTURO – Sfruttando una nuova tecnica detta discontinuità di fase, ricercatori della Facoltà d’ingegneria e scienze applicate (Seas) dell’università di Harvard, negli Stati Uniti, hanno indotto dei raggi luminosi a comportarsi in un modo che sfida le secolari leggi della riflessione e della rifrazione.

La scoperta, pubblicata questa settimana su Science, ha portato alla riformulazione delle leggi matematiche che predicono il cammino di un raggio di luce che rimbalza su una superficie o che viaggia da un mezzo all’altro – per esempio, dall’aria al vetro.

“Usando delle superfici specificamente progettate, abbiamo creato gli effetti di uno specchio distorcente su una lastra piana”, spiega l’italiano Federico Capasso, che insegna fisica applicata e ingegneria elettrica al Seas. “La nostra scoperta porta l’ottica in un nuovo territorio e apre le porte a interessanti sviluppi nella tecnologia fotonica“.

È noto fin dall’antichità che la luce viaggia a velocità diverse in mezzi differenti. Riflessione e rifrazione avvengono ovunque la luce incontri un materiale, a un qualunque angolo: dopo l’impatto con la superficie del materiale, il fronte d’onda cambia direzione.

Le leggi convenzionali (leggi di Fresnel e di Snell), insegnate nelle classi di fisica di tutto il mondo, predicono gli angoli di riflessione e di rifrazione, basandosi soltanto sull’angolo incidente e sulle proprietà dei due mezzi che la luce attraversa.

Studiando il comportamento della luce quando questa incontra superfici in cui sono state ingegnerizzate nanostrutture metalliche, i ricercatori si sono accorti che le solite equazioni non erano sufficienti a descrivere gli inattesi fenomeni osservati in laboratorio.

Le nuove leggi generalizzate, derivate e dimostrate sperimentalmente ad Harvard, tengono conto della scoperta del gruppo di Capasso che l’interfaccia tra i due mezzi, se opportunamente progettata, può comportarsi come un terzo mezzo.

“Di solito, una superficie come quella di uno stagno è semplicemente un confine geometrico tra due mezzi, aria e acqua”, spiega il primo autore dell’articolo, Nanfang Yu, collega di Capasso al Seas. “Ma ora, in questo caso specifico, il confine diviene un’interfaccia attiva che può, da sola, piegare la luce”.

L’elemento chiave è una matrice di sottili antenne d’oro, incisa sulla superficie del silicio usato nel laboratorio di Capasso. La matrice è strutturata su una scala molto più piccola della lunghezza d’onda della luce che la colpisce. Ciò significa che, al contrario di quanto avviene in un sistema ottico convenzionale, il confine ingegnerizzato tra aria e silicio crea un improvviso cambio di fase (una discontinuità di fase, appunto) alle creste delle onde luminose che lo attraversano.

Ogni antenna della serie è un piccolo risonatore che può intrappolare la luce, trattenendo la sua energia per un dato tempo prima di rilasciarla. Variando lungo la superficie del silicio la densità dei differenti tipi di risonatori – ognuno delle dimensioni di qualche miliardesimo di metro – si può così piegare la luce ancor prima che cominci a propagarsi nel nuovo mezzo. Il fenomeno che ne risulta non rispetta le vecchie leggi, creando raggi di luce che si riflettono e rifrangono in modo arbitrario, a seconda della matrice incisa sulla superficie.

Per generalizzare la leggi di riflessione e rifrazione che troviamo nei libri di scuola, i ricercatori di Harvard hanno aggiunto un nuovo termine alle equazioni, che rappresenta la variazione di densità degli spostamenti di fase creati al confine tra i mezzi. Chiaramente, quando non c’è alcuna variazione di densità lungo la superficie non c’è, le nuove leggi si riducono a quelle già note.

Il gruppo è già riuscito a produrre un raggio di vortice (cioè un flusso di luce elicoidale, a forma di cavatappi) da una superficie pian, e prevede di creare in futuro lenti piatte che possano mettere a fuoco immagini senza aberrazioni.

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