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Botswana, l’ultima Africa selvaggia


FOTOGRAFIA – Il Botswana è on the road. Non c’è altro modo per visitarlo se non con una jeep quattro per quattro e – se non siete milionari – con la tenda “on the roof”.

I posti nel mondo dove gli animali sono ancora del tutto selvatici e la natura è incontaminata si contano sulle dita di una mano e anche l’Africa, che spaccia alcuni dei suoi Stati come paesi selvaggi dove incontrare animali rari completamente liberi, non è più così incontaminata. In Sudafrica leoni, leonesse e ghepardi hanno il chip: facile per i ranger dei parchi portare decine di turisti a disturbare la loro routine. I parchi della Tanzania sono tristemente noti per la loro “corsa al leone”: ranger e veicoli turistici sono tutti collegati da ricetrasmittenti e, non appena qualcuno avvista un leone, si apre la corsa. Il Botswana ha una politica diversa: gli animali vivono completamente liberi di vagare dal deserto del Kalahari al Delta dell’Okavango o qualsiasi altro posto alla ricerca di acqua e cibo. Le strade (quasi mai asfaltate, spesso molto difficili da percorrere) tengono lontani i “turisti della domenica” e sono sempre deserte. In venti giorni di viaggio dal sud al nord del paese, chi scrive non ha incontrato più di quattro jeep. Le impronte di leone o di elefante sulle piste battute sono la normalità e il “campeggio” into the wild consente di dimenticare la presenza umana sul pianeta. Mentre sai che, in mezzo al Kalahari, da qualche parte, in un posto che non raggiungerai mai, ci sono ancora – pochi – gli insediamenti rimasti dei “bushmen” (gli uomini del bush), antiche tribù “invisibili” che, nonostante gli sforzi del Governo, non hanno mai voluto abbandonare quelle terre. Il rischio, quello di un incontro notturno con un ghepardo, c’è, ma chi si avventura in Botswana lo sa. D’altronde il gusto di stare giorni interi a seguire la vita di fronte a una pozza d’acqua, dove arrivano leoni, zebre, giraffe, elefanti, uccelli di ogni forma e colore, o di viaggiare nell’immensità del nulla del Kalahari, sono gioie impareggiabili.

Crediti: Giuseppe Brancaccio e Sara Stulle

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Sara Stulle
Libera professionista dal 2000, sono scrittrice, copywriter, esperta di scrittura per i social media, content manager e giornalista. Seriamente. Progettista grafica, meno seriamente, e progettista di allestimenti per esposizioni, solo se un po' sopra le righe. Scrivo sempre. Scrivo di tutto. Amo la scrittura di mente aperta. Pratico il refuso come stile di vita (ma solo nel tempo libero). Oggi, insieme a mio marito, gestisco Sblab, il nostro strambo studio di comunicazione, progettazione architettonica e visual design. Vivo felicemente con Beppe, otto gatti, due cani, quattro tartarughe, due conigli e la gallina Moira.