CRONACA – Che l’Italia sia, rispetto alla maggior parte del resto del mondo civilizzato, nel medioevo per quanto riguarda l’accesso alla procreazione assistita è un fatto noto.
Indipendentemente dal governo in carica, si emettono editti studiati a tavolino per limitare i diritti di decine di migliaia di coppie che desiderano diventare genitori, o quanto meno li si lascia intonsi. Se poi si mette tutto questo in relazione alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, il medioevo regredisce fino all’età del bronzo. La procreazione assistita infatti comporta molte volte la produzione di embrioni in un numero superiore a quelli che poi verranno effettivamente utilizzati, embrioni potrebbero diventare fonte di cellule staminali. Al momento i ricercatori temerari che osano in Italia cercare di far progredire la ricerca sono costretti a importare linee cellulari dall’estero. Non tanto perché la famigerata legge 40 lo consenta, ma sfruttando di fatto un buco legislativo. Il termine osare non è infondato: come riporta Carlo Flamigni del Comitato Nazionale di Bioetica (e uno dei pochi laici ivi presenti) quando nel 2006 il ministro Fabio Mussi ritirò la “pregiudiziale etica” precedentemente avanzata al Parlamento Europeo escludendo quindi l’Italia dai paesi che si dichiaravano contrari all’utilizzo delle staminali embrionali tout court, la senatrice Paola Binetti rimarcò:
Ogni ricercatore serio sa che non può utilizzare nuove staminali, nemmeno se provengono dall’estero.
Secondo la linea dell’ex-senatrice in quota al centrosinistra e ora passata al centrodestra, che ha avuto infatti un supporto trasversale tra gli schieramenti di allora, Elena Cattaneo quindi non sarebbe una ricercatrice seria…
Ultimo blitz di questa crociata lo abbiamo avuto negli ultimi giorni: il Sottosegretario alla Salute uscente Eugenia Roccella ha varato nuove linee guida per quanto riguarda l’accesso alla fecondazione assistita. La novità, questa volta, è che le coppie portatrici di una malattia genetica non potrebbero accedere alla diagnosi pre-impianto, l’unica tecnica che permette a coppie in cui uno o entrambi i genitori (aspiranti) sono, ad esempio, talassemici, di avere un bambino sano. L’assurdità di tutto è a livelli patologici: un genitore malato di AIDS può accedere alla diagnosi, mentre un talassemico o un malato di fibrosi cistica no. In entrambi i casi si vuole semplicemente tutelare il diritto di una coppia a volere un figlio sano, ma secondo lo stesso “think” thank questo diritto sarebbe vera e propria eugenetica (naturalmente in linea col “darwinismo”) come si sentenzia, per fare pochi esempi, qui, qui, qui e qui.
Meglio allora risolvere il problema alla radice: se i tuoi geni sono difettosi, devi riconoscere la tua condizione e accettare di non avere mai figli, o rischiare e prenderti la tua responsabilità.
La Roccella, accusata di un “colpo di mano” dall’associazione Luca Coscioni si difende: la diagnosi preimpianto è già vietata:
Non c’è stato alcun colpo di mano. La diagnosi pre-impianto sugli embrioni è già vietata dalla legge 40 sulla procreazione assistita. […] Non capisco dunque quale sia il contendere.
Non è vero. Nel testo delle legge 40 si legge:
Articolo 13 comma 2: «La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.
Articolo 14 comma 5: «I soggetti di cui all’articolo 5 (la coppia, n.d.r.) sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.
Fortunatamente queste linee guida, almeno per ora, sono state bloccate, il nuovo governo potrà decidere di emanarne di nuove o anche tenere la versione precedente. Intanto la battaglia per i diritti non può che continuare nei tribunali: persino la Corte Costituzionali si è già espressa contro alcuni articoli.
L’ex-segretario però ha già una soluzione:
Non c’è solo il diritto delle coppie e penso che ognuno debba far i conti e accettare la propria realtà e condizione. Non si può rispondere ad un ingiustizia naturale con un ingiustizia legale. Se si dice che chi ha patologie ha indebolito il diritto a nascere, non sono d’accordo, non può esserci disuguaglianza tra abili e disabili.
Che se la sbrighi la selezione naturale…