CULTURA

The dark side of the sun

ARTE, MUSICA E SPETTACOLI – Fossi in voi, se ne avessi la possibilità questa sera andrei a Milano a vedere The dark side of the sun. No, i Tokyo Hotel qui non c’entrano: parliamo di un film documentario, già vincitore della menzione speciale Enel Cuore al Festival internazionale del cinema di Roma e questa sera in concorso al Filmmaker Festival.
Perché lo segnaliamo? Be’, non vi è bastato il trailer? Comunque, per chi non si accontenta, ecco qualche dettaglio in più e qualche commento del regista, Carlo Hintermann .

The dark side of the sun è un po’ film, un po’ documentario e un po’ film d’animazione. Racconta le vicende di alcuni ospiti di Camp Sundown, un campo estivo per bambini e ragazzi affetti da xeroderma pigmentoso, che si svolge ogni anno nello stato di New York. Ospiti speciali, dunque, perché colpiti da una malattia grave, che impone di evitare qualunque esposizione alla luce del Sole e a fonti luminose artificiali che emanino raggi UV. Condurre una vita “normale” è praticamente impossibile: impossibile correre a piedi nudi su un prato in una bella giornata di primavera, nuotare in piscina, anche solo giocare a palle di neve in un chiaro pomeriggio d’inverno (a meno di non essere completamente coperti. Ogni centimetro quadrato di pelle). Solo al campo questa normalità è possibile, perché tutte le attività sono programmate di notte, o in ambienti con un’illuminazione adeguata.

«Abbiamo seguito la vita dei nostri protagonisti, al campo e a casa, per più di tre anni», racconta Hintermann. «Siamo entrati in confidenza con loro e abbiamo cercato un modo di raccontare la loro storia che non si fermasse alla malattia, ma andasse dritto alla bellissima umanità di queste persone, bambini malati e familiari: alla loro maturità, alla capacità di vivere e superare una condizione difficilissima», dice Hintermann. Al progetto originario a un certo punto è stata aggiunta l’idea di integrare il documentario con parti animate, affidate alla realizzazione di Lorenzo Ceccotti.

«I bambini colpiti dalla malattia hanno un immaginario molto particolare legato al buio e alla notte. Per loro l’elemento notturno, di solito negativo, diventa positivo», racconta sempre il regista. «Così abbiamo lavorato a una sceneggiatura animata che facesse emergere questo immaginario: sogni, emozioni, proiezioni, paure. Il risultato sono questi inserti, popolati dai corrispettivi animati dei vari protagonisti. Alla fine, quello che è emerge è la loro visione dell’Universo».

Un partner forse insolito per un regista ha accompagnato il percorso umano e professionale di Hintermann e della sua squadra: il centro di ricerca Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare) di Milano. Il centro ha alcune linee di ricerca dedicate proprio allo studio delle basi molecolari dello xeroderma pigmentoso. La malattia, infatti, dipende da un’alterazione del meccanismo di riparazione del DNA, lo stesso meccanismo che è alterato in moltissime forme tumorali. All’Ifom Hintermann si è rivolto quando ha capito che per porre l’aspetto umano al centro del suo film, lasciando fuori la malattia, di quella malattia lui doveva conoscere tutto. «Non potevamo essere impreparati di fronte agli aspetti più medici e scientifici di questa condizione: dovevamo essere consapevoli, per dialogare alla pari con i pazienti». Dalla frequentazione con questo centro di ricerca è nato, prima ancora del film, un servizio sui Bambini della luna andato in onda nella quinta stagione di Superquark.

Convinti, adesso? Al cinema Gnomo, alle 20.

Condividi su
Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance