NATURA – Quasi dappertutto gli anfibi sono infetti da chitridiomicosi, un’infezione dovuta al fungo Batrachochytrium dendrobatidis, alla quale viene attribuita il declino di molte specie. Una ricerca in natura conferma alcuni dati di laboratorio.
Matthew Forest dell’Istituto Scripps di oceanografia e Martin Schlaepfer dell’INRA – distaccato all’università di Syracuse (N.Y.) – descrivono su PLoS One quello che succede fra le rane leopardo Rana [Lithobates] yavapaiensis di stanza in dodici località dell’Arizona. Hanno misurato la temperatura dell’acqua in ciascuna e analizzato campioni prelevati dalla pelle di 221 ospiti nel corso di due spedizioni sul campo: nel 2004 e a più riprese nel 2009-2010. Venti appartenevano ad altre specie ed erano infetti pure loro, meno due rane toro trovate in una pozza a 16° C.
In laboratorio, il bagno ideale per liberare dalla muffa micidiale era risultato tra i 27 e i 37° C, quest’ultima una temperatura traumatica per parecchie specie abituate a un tepore moderato. In Arizona ci sono anche fonti geotermali, quindi la temperatura dell’acqua varia dai 10 al 50° C ed è stato facile stabilire una correlazione inversa tra il calore e la prevalenza delle infezioni è netta.
Sotto i 15° C, scrivono i ricercatori, l’infezione colpiva dal 75 al 100% delle bestiole; sopra i 30° C soltanto il 10% e la correlazione inversa reggeva anche all’interno di una stessa località quando cambiavano le stagioni dell’anno e quindi la temperatura e dopo il controllo statistico di altre variabili come sesso, dimensioni, età. Quindi
i dati suggeriscono che i micro-habitat in cui la temperatura dell’acqua supera i 30° C forniscono le rane leopardo con una protezione contro il Bd, e ciò potrebbe avere importanti implicazioni per la dinamica della malattia e per le applicazioni gestionali.
Le implicazioni per la malattia forse sono chiare anche alle rane perché, una volta infette, sembrano cercare spontaneamente zone più calde o aumentare di qualche grado la propria temperatura corporea.
Le applicazioni “gestionali” riguardano invece i tentativi di ripopolare nell’ambiente di origine con esemplari sani. Secondo gli autori, organizzare un rifornimento di acqua calda finché l’infezione scompare, forse un giorno sarà sarà fattibile. Per il momento conviene concentrare gli sforzi nella preservazione degli habitat dove esistono fonti geotermali.
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Foto di M. Schlaepfer.