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La chimera che non è più una chimera

FUTURO – Ogni cellula di un singolo organismo contiene lo stesso DNA (fatta eccezione per i gameti che negli organismi sessuati contengono una metà casuale del corredo genetico del possessore). Questa affermazione è in generale valida, a meno che l’organismo non sia una chimera, e cioè un individuo “costruito in laboratorio” fondendo insieme embrioni diversi, proprio come le tre scimmette Rhesus prodotte nei laboratori dell’Oregon National Primate Research Center. Si tratta delle prime scimmie mai create con questa controversa metodologia (in realtà, pur essendo un evento raro le chimere esistono anche in natura e derivano dalla fusione spontanea in utero di più embrioni – non vi fa venire in mente Stephen King?).

Le tre scimmiette stanno bene e non hanno difetti congeniti. Si tratta di due gemelli (Roku e Hex) e un “figlio unico” (Chimero, originale, eh?). I tessuti dei tre contegono DNA proveniente da più corredi genetici (fino a sei). Le cellule di provenienza diversa non si fondono mai, ma lavorano insieme per portare avanti la normale funzione del tessuto o dell’organo di cui fanno parte.

Shoukhrat Mitalipov ha fatto nascere le tre scimmiette mettendo insieme degli embrioni di quattro giorni in un disco di coltura. Dopo qualche giorno la maggioranza degli embrioni era cresciuto fino allo stadio di blastocisti (e però conteneva quasi il doppio delle cellule di un embrione normale). A questo punto gli embrioni sono stati impianti nell’utero di alcune scimmie femmina che sono tutte rimaste incinte.

Gli animali chimera artificiali esistono fin dagli anni ’60  e sono serviti a monitorare gli stadi di crescita embrionale, anche per capire come da una cellula uovo fecondata pian piano si differenzino i diversi tessuti che formano l’organismo adulto. Un altro uso degli animali chimera è quello di segnalare la funzionalità delle cellule staminali: se infatti si iniettano cellule staminali provenienti da un altro individuo in un embrione negli stadi precoci di sviluppo si otterrà una chimera. Se però si usano cellue staminali provenienti da linee di coltura da laboratorio l’individuo che si sviluppa sarà normale, dimostrando la poca attività delle staminali (un problema comune di queste cellule conservate in laboratorio).

E infatti Mitalipov in un’altra fase dell’esperimento ha provato a creare le chimere iniettando cellule staminali negli embrioni, senza alcun successo, ottenendo le chimere unicamente dalla fusione di diversi embrioni.

Immagine: laszlo-photo (CC)

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.