AMBIENTE – La vita degli animali a ridosso dei fitti reticoli stradali è tutt’altro che semplice, non solo per l’elevata probabilità di rimanere schiacciati dai veicoli sfreccianti e per la frammentazione dell’habitat che ne limita le capacità di dispersione, ma anche a causa dell’impoverimento delle condizioni ecologiche nelle aree limitrofe. Le condizioni imposte dalla continua antropizzazione dell’ambiente possono quindi fungere, oltre che da fattori che limitano la sopravvivenza e/o le prestazioni degli organismi nell’immediato, anche da nuovi agenti selettivi che potrebbero determinare profonde modificazioni delle popolazioni nel corso del tempo.
Un’interessante conferma di ciò giunge dalle pagine di Scientific Report, la rivista open access del gruppo editoriale di Nature, e riguarda un piccolo anfibio, la salamandra maculata (Ambystoma maculatum) nel Connecticut.
Le popolazioni di questa specie che vivono in stagni nei pressi di imponenti e trafficate direttrici stradali risultano, infatti, significativamente e negativamente influenzate dagli inquinanti contenuti nei gas di scarico delle automobili, che vanno a depositarsi nelle acque in cui gli anfibi si riproducono: in queste condizioni, solo il 56% degli embrioni riesce a terminare correttamente lo sviluppo. Questo dato stride fortemente con l’87% del successo di sviluppo embrionale medio che si riscontra nei conspecifici che hanno trascorso la loro metamorfosi nella stessa regione ma in stagni forestali. Inoltre, gli embrioni si sviluppano in tempi significativamente più lenti e presentano un peso alla nascita inferiore, per non parlare delle frequenti deformazioni corporee a cui sono soggetti i nuovi nati. Ma secondo quando si legge nello studio le salamandre sembrano lentamente adattarsi alle nuove, pessime condizioni ambientali.
In un semplice ma ingegnoso esperimento, Stephen Brady dell’Università del Minnesota ha spostato diverse decine di uova da stagni ‘di strada’ a stagni ‘di foresta’, e viceversa (qui la mappa dell’area di studio), ne ha monitorato lo sviluppo e ha raccolto numerosi dati morfometrici sui neonati. Infine, ha confrontato il successo nel completamento dello sviluppo degli embrioni di strada e di foresta allevati nei due diversi habitat.
Ebbene, se lo sviluppo in zona forestale non varia tra gli embrioni autoctoni e quelli trasportati sperimentalmente, negli stagni nei pressi delle strade gli embrioni ‘di strada’ hanno circa il 25% di possibilità in più di raggiungere la decima settimana di sviluppo rispetto ai conspecifici ‘di foresta’ (come si può vedere da questo grafico). La conclusione è semplice: le popolazioni di strada sono dunque in grado di sopravvivere meglio in un ambiente altamente contaminato rispetto a quelle che non sono state sottoposte alle medesime condizioni selettive nelle generazioni precedenti.
Sebbene lo studio non faccia luce sui possibili meccanismi genetici alla base della sopravvivenza differenziale degli embrioni osservata, questi risultati sono una chiara indicazione che la popolazione di strada si sta, a poco a poco, adattando alle caratteristiche degradate dell’ambiente circostante, probabilmente mediante la selezione positiva di quegli individui che sono in grado di resistere alle alte concentrazioni di inquinanti. E tutto questo ad una piccola scala spazio-temporale e a prescindere dal flusso genico presente tra le popolazioni.