SALUTE

“Pinzette” contro il Parkinson

SALUTE – Milioni di persone soffrono della malattia di Parkinson, un disordine del sistema nervoso che riduce la mobilità, induce tremore a riposo e si aggrava al passare del tempo. Poiché la popolazione mondiale invecchia, si stima che il numero di persone colpite dalla malattia andrà crescendo anno dopo anno. Eppure, malgrado si siano sperimentate diverse terapie efficaci nel trattamento dei sintomi del Parkinson, nulla rallenta la progressione della malattia.

Mentre non è noto cosa esattamente causi il disturbo, ci sono però indizi che puntano a un colpevole particolare: una proteina detta alfa-sinucleina. Si pensa che questa proteina, che si trova comunemente in tutti i pazienti affetti da Parkinson, diventi uno dei responsabili della malattia nel momento in cui si lega in gruppi, o aggregati, e diventa tossica, uccidendo i neuroni.

Un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Los Angeles (UCLA) ha trovato il modo di evitare che si formino aggregati: non solo il nuovo metodo non sarebbe tossico, ma riuscirebbe anche a scindere gli aggregati già esistenti.

I neurologi Jeff Bronstein e Gal Bitan, insieme ai loro colleghi, hanno dato notizia, sull’ultimo numero di Neurotherapeutics, dello sviluppo di un nuova molecola, la cui funzione è quella di una “pinzetta molecolare”: si tratta, cioè, di un complesso molecolare capace di legarsi ad altre proteine. Le pinzette hanno forma simile alla lettera C, e si avvolgono attorno a catene di lisina, un amminoacido basico che è un costituente della maggior parte delle proteine. La pinzetta è stata usata in un modello animale, e ha bloccato la formazione di aggregati di alfa-sinucleina, oltre a spezzare gli aggregati presenti. Risultato ancora più interessante, le pinzette hanno fatto tutto ciò senza interferire con il normale funzionamento del cervello.

Esistono attualmente più di 30 malattie, senza cure note, causate dall’aggregazione di proteine e dalla tossicità che ne risulta per il cervello o altri organi: tra queste, oltre al Parkinson, troviamo l’Alzheimer, e il diabete di tipo 2. È quindi fondamentale, osserva Bronstein, trovare un modo per fermare questo processo di aggregazione. Negli ultimi vent’anni, ricercatori e case farmaceutiche hanno cercato di sviluppare farmaci per impedire un’aggregazione anomala di proteine, ma finora hanno avuto scarso successo.

Mentre questi aggregati sono un bersaglio naturale per un farmaco, trovare una terapia che prenda di mira soltanto l’aggregato è complicato, continua Bronstein. Nel Parkinson, per esempio, la proteina coinvolta nel disordine, l’alfa-sinucleina, è naturalmente presente in ogni parte del cervello.

“La sua funzione normale non è del tutto nota, ma potrebbe avere un ruolo nel facilitare la comunicazione tra neuroni”, secondo il neurologo. “Il difficile, quindi, è impedire gli aggregati di alfa-sinucleina e, di conseguenza, la loro tossicità, senza distruggere la normale funzione della proteina, oltre, ovviamente, ad altre aree sane del cervello”.

Bronstein ha collaborato con Bitan, che ha lavorato con una pinzetta molecolare di sua creazione, sperimentando in primo luogo con colture cellulari. “L’aspetto più sorprendente”, sostiene Bronstein, “è che malgrado la capacità del composto di legarsi a molte proteine, non ha mostrato tossicità o effetti collaterali verso le cellule nervose normali e funzionanti”.

I neurologi hanno poi provato le pinzette in un modello animale, il pesce zebra, un pesce tropicale d’acqua dolce che, alle nostre latitudini, si vede di solito negli acquari. Il pesce zebra è un animale piuttosto popolare nell’ambiente della ricerca perché è facilmente manipolabile geneticamente, si sviluppa rapidamente ed è trasparente, il che rende più semplice la misurazione di processi biologici.

Usando un modello di pesce zebra transgenico per la malattia di Parkinson, i neurologi hanno aggiunto la pinzetta e usato proteine fluorescenti per tracciare l’effetto del composto sugli aggregati, scoprendo che, proprio come avveniva nelle colture cellulari, le pinzette hanno impedito l’aggregazione dell’alfa-sinucleina e la morte neuronale, fermando così il progresso del morbo nel modello.

Un risultato molto incoraggiante ma, precisa Bronstein: “Alla fin fine, abbiamo soltanto fermato il Parkinson nel pesce zebra”. “Tuttavia – aggiunge – c’è speranza che le pinzette possano essere usate come nuovo farmaco per rallentare o fermare l’avanzamento del Parkinson e dei disordini a esso correlati. Non è una cura, ma è un passo che ci avvicina un po’ di più a una cura”.

Il gruppo è attualmente allo studio dell’applicazione delle pinzette in un modello di topo: solo dopo averne sperimentato i risultati si potrà procedere a una sperimentazione clinica sull’essere umano.

Crediti immagine: Isabel60

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