LA VOCE DEL MASTER – Una lunga permanenza nello spazio può indurre pericolose alterazioni agli occhi degli astronauti, con conseguenze sulla vista stessa. Lo dimostra una ricerca appena pubblicata sulla rivista Radiology.
27 astronauti sono stati sottoposti a risonanza magnetica in seguito a missioni spaziali prolungate, che hanno comportato lunghi periodi in condizioni di microgravità. Lo studio delle immagini ottenute ha evidenziato anomalìe delle orbite oculari e a livello endocranico nella maggior parte dei soggetti.
In particolare, le condizioni rilevate sono molto simili a quelle connesse all’ipertensione endocranica idiopatica, una condizione in cui la pressione all’interno del cranio aumenta inspiegabilmente e che può portare a disturbi visivi potenzialmente anche gravi. Infatti l’aumento della pressione sul retro del bulbo oculare può determinare un rigonfiamento dell’area in cui l’occhio è connesso al nervo ottico, con conseguenti danni irreversibili alla vista.
Protagonisti dello studio il professor Larry A. Kramer della Medical School dell’Università del Texas e i suoi collaboratori dello Johnson Space Center della NASA di Houston, che hanno effettuato le analisi su astronauti di età compresa tra i 43 e i 53 anni che avessero trascorso mediamente 108 giorni a testa nello spazio.
Nessuno tra gli astronauti ha riportato disturbi visivi tali da dover essere sospeso dalle attività spaziali. Ciò nonostante comprendere i meccanismi imputati alla microgravità sulla pressione endocranica rappresenta ora una delle priorità per gli studiosi della NASA. Una volta svelati tali meccanismi, si potrà ipotizzare di trovare soluzioni ragionate per il trattamento dell’ipertensione endocranica anche nei pazienti che non sono mai stati nello spazio.
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