CRONACA – Provate a immaginare di avere di fronte a voi un muro di ghiaccio, alto oltre venti chilometri e che si estende a perdita d’occhio fino (e oltre) all’orizzonte. Un panorama mozzafiato del genere lo potete trovare unicamente su Giapeto, la terza (in ordine di grandezza) luna di Saturno. Giapeto è l’unico pianeta noto ad avere una catena montuosa ad anello (che lo fa assomigliare a una mandorla, a detta di molti), una vera e propria linea visibile dallo spazio che lo cinge per ben il 75% della sua circonferenza, esattamente sull’equatore (più di 200 chilometri totali). Gli astronomi si sono spremuti il cervello per trovare una spiegazione di questa struttura davvero singolare, ma non sono ancora arrivati a un accordo. Ora il team di Andrew Dombard, planetologo dell’Università dell’Illinois a Chicago, ha pubblicato sul Journal of Geophysical Research-Planets, una nuova e suggestiva ipotesi, avanzata in base ai risultati di alcune simulazioni.
Secondo il team di Dombard, la catena montuosa ad anello potrebbe essere quello che rimane di un altro satellite ora scomparso. Un impatto gigante avrebbe lanciato in orbita intorno a Giapeto (verso la fine della sua formazione planetaria, circa 4,5 miliardi di anni fa) una gran massa di detriti. La massa si sarebbe poi raggrumata a formare un subsatellite (un satellite del satellite). Poi però il tira e molla (anzi, tira e tira) gravitazionale fra Saturno e Giapeto avrebbe disgregato la luna formando un anello di detriti intorno a Giapeto, anello che sarebbe infine finito sulla superficie del satellite più grande fromando la catena montuosa.
Secondo quanto osservato nelle simulazioni questo processo è stato possibile grazie alla particolare distanza tra Giapeto e Saturno (non troppo ravvicinata, che altrimenti la spinta gravitazionale verso il pianeta più grande avrebbe impedito all’anello di formarsi). Per questo, spiega Dombard, non si conoscono altri esempi simili a Giapeto nel nostro sitema solare (nè altrove). Dombard ammette comunque che per poter accettare questa nuova ipotesi ora serviranno nuove simulazioni.
Crediti immagine: NASA/JPL/Space Science Institute