AMBIENTE – Quando acquistate del pesce al supermercato o dal pescivendolo pensate che quella sia l’unica volta che pagate per quel pesce. Non è così. Un recente documento realizzato da OCEAN12 dimostra come noi europei paghiamo più volte lo stesso pesce catturato dai pescherecci dell’UE. Come ? Attraverso i sussidi europei alla pesca che dipendono dagli introiti fiscali.
Valgono infatti € 4,3 miliardi circa i fondi comunitari che hanno sovvenzionato (e sovvenzionano) l’industria della pesca tra il 2007 e il 2013. E per molti altri dettagli vi consiglio una “capatina” qui.
Tipicamente questi fondi vengono usati per l’ammodernamento delle navi, la costruzione di porti, la lavorazione del pesce, la commercializzazione e lo stoccaggio.
In sostanza i sussidi riducono il costo delle attività di pesca aumentando la capacità delle flotte.
In sostanza sono (in gran parte) i sussidi a mantenere in vita la pesca europea.
Ma le conseguenze di questa politica, secondo il report, possono essere paradossali: in molti casi, infatti, i sussidi permettono di tenere alta la pressione di pesca anche su quelle specie, già eccessivamente sfruttate, che altrimenti a causa della loro ‘scarsezza’ non consentirebbero introiti soddisfacenti. Ne sono un eclatante esempio i 33.5 milioni di euro che tra il 2000 e il 2008 sono stati versati per l’ammodernamento di navi che pescano il tonno rosso, una specie sovrasfruttata e minacciata di estinzione.
E che si tratta di un cane che si morde la coda lo dimostrano chiaramente i calcoli della Banca Mondiale, secondo i quali ogni anno l’economia mondiale perde oltre 35 miliardi di euro a causa della pesca eccessiva (più di 1 trilione di euro negli ultimi 30 anni).
Secondo il report esistono anche situazioni-limite nelle quali i sussidi sono stati concessi prima per ammodernare dei pescherecci e poi nuovamente concessi per la loro demolizione nel momento in cui gli le specie oggetto di pesca sono risultate talmente sovrasfruttate da non permettere in alcun modo un profitto. Oppure casi in cui i sussidi sono andati a favore di flotte coinvolte e condannate per pesca illegale.
Come tutto ciò ci riguadi da vicino abbiamo cercato di spiegarlo qui.
Che fare quindi ? Le soluzioni non sono facili (non si pò buttare il bambino insieme all’acqua sporca, vero?).
Secondo la stessa OCEAN2012, la coalizione promossa ed è coordinata dal Pew Environment Group, la gestione di questo problema spetta alla ‘politica’. Ma rimane importante che i cittadini siano informati e possano usare queste informazioni nelle proprie scelte d’acquisto.
I membri italiani di OCEAN2012 sono: CTS Ambiente, Green Life, GRIS, Fondazione Cetacea, Legambiente, Marevivo, MedSharks, Oceanus onlus, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Tethys Research Institute. I membri fondatori di OCEAN2012 sono: Coalition for Fair Fisheries Arrangements, Ecologistas en Acción, The Fisheries Secretariat (FISH), nef (new economics foundation), The Pew Environment Group e Seas at Risk (SAR).
Crediti immagine: Agriculturasp