AMBIENTE – Le specie aliene sono che arrivando da ecosistemi lontani possono avere un impatto devastante sulle specie locali (spesso perché non hanno competitori o predatori). Uno studio pubblicato di recente su Integrative Zoology a opera di un gruppo di ricercatori dell’ISPRA offre un quadro dettagliato delle specie aliene di mammiferi in Europa, dal neolitico a oggi, e ne valuta anche l’impatto sulla biodiversità del vecchio continente.
Sorprenderà sapere che almeno il 22% dei mammiferi europei è alieno (due sono le definizioni di alieno usate in questa studio: introdotto in Europa da paesi extra-europei, e introdotto in una regione europea da un’altra regione europea), per un totale di 117 specie.
L’introduzione più antica registrata? Il cinghiale selvatico (Sus scrofa) in Sicilia, nel neolitico. E poi il toporagno dentato minore a Cipro e il toporagno dentato maggiore in Sardegna e le Baleari (fra 9.000 e 8.000 anni fa). Gli alieni più recenti invece sono il castoro canadese introdotto in Belgio e Lussembrurgo nel 2010 e il procione lavatore in Scandinavia sempre nel 2010, e lo scoiattolo rosso in Danimarca.
Le zone europee più invase sono tre isole: la Sardegna, la Corsica e l’Inghilterra (che però è anche l’area con il maggior successo nell’eradicazione delle specie aliene).
La specie aliena di maggior successo, nenache dirlo, è il topo domestico. Vengono poi il ratto, il coniglio europeo. Le specie con maggior impatto sulle specie native sono invece il visone americano, e sorpresa, il gatto domestico, la capra domestica, il porcospino. “L’introduzione delle specie aliene inizia già nel neolitico” spiegano Piero Genovesi e colleghi, autori del paper, “ma il tasso aumenta marcatamente nel 20° secolo”.
È importante valutare l’impatto dell’introduzioni di nuove specie in un ambiente, anche perché è noto che possono fare danni notevoli. Un solo dubbio: si può considerare una specie introdotta nel neolitico una specie aliena oggi?