NOTIZIE – Un post-doc indiano con il latte dietro le orecchie pubblica su Nature una ricerca da sogno. Insieme al gruppo multicolore di un professore greco, alla Northwestern University dell’Illinois, ha realizzato un materiale che recupera il calore e consente di risparmiare energia invece di sprecarla.
Kanishka Biswas ha un sacco di belle pubblicazioni, già l’anno scorso quel suo materiale faceva parlare di sé, ma questa le batte tutte. Per capirlo, bastano le prime righe (link nostri):
Con circa due terzi di tutta l’energia consumata che finisce in calore buttato via, c’è un bisogno impellente di materiali termoelettrici dalle prestazioni elevate, capaci di convertire in modo diretto e reversibile il calore in energia elettrica. Ma la realizzazione pratica di materiali termoelettrici era fin qui limitata dalla bassa “cifra di merito” ZT che determina l’efficienza di Carnot come da secondo principio della termodinamica.
Dura lex alla quale non si scappa. Ezio Puppin, del Politecnico di Milano e presidente del Consorzio interuniversitario di scienze della materia, spiega su Nature che una ZT = 2 era lo scopo perseguito da molti e che il gruppo dell’Illinois l’ha addirittura superata (= 2,2).
Qui, il prof. Puppin spiega ancora meglio:
Il calore è una forma di energia, e ce n’è in abbondanza. C’è quello che viene dal Sole, quello dall’interno della terra, quello disperso dalle macchine costruite dall’uomo. Riuscire a trasformare questo calore in energia elettrica o meccanica in modo semplice sarebbe un grande progresso per l’umanità. Una delle strade che si stanno percorrendo è quella dei cosiddetti convertitori termoelettrici, nei quali dei materiali opportuni trasformano il calore direttamente in energia elettrica. Il fenomeno fisico che sta alla base di tutto questo è l’effetto termoelettrico, noto anche come effetto Seebek o effetto Peltier, ed è noto da molto tempo. Per ora viene sfruttato per la generazione di energia elettrica solo in alcuni casi molto particolari, per esempio sui satelliti, e la ragione è che i materiali conosciuti hanno una “resa” piuttosto bassa il che non li rende particolarmente convenienti.
Peccato perché i generatori di questo tipo sono molto semplici, un pezzo di materiale con due fili attaccati e non ci sono parti in movimento o reazioni chimiche come nelle batterie.
Per poter diventare interessanti per applicazioni diffuse i convertitori termoelettrici dovrebbero avere una soglia minima di efficienza. Il lavoro su Nature propone un materiale (Tellururo di Piombo opportunamente trattato) che consente di andare oltre questa soglia minima, aprendo di fatto la possibilità di realizzare dispositivi per un mercato di massa. Questi dispositivi potrebbero essere utilizzati efficacemente per recuperare il calore disperso dalle automobili, dalle centrali elettriche, e anche quello portato dalla luce solare, generando direttamente energia elettrica.
Grazie prof, anche per l’omaggio reso al lavoro di un post-doc bravo e simpatico.
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Immagine: altaite, dal quale si ricava il tellururo di piombo, Wikipedia