COSTUME E SOCIETÀ – Il Corruption Perceptions Index appena pubblicato da Transparency International classifica i paesi in base al livello di corruzione attribuito dai cittadini alla pubblica amministrazione. I dati sono sconfortanti, per l’Italia in particolare, in compenso la metodologia per analizzarli migliora.
Il punteggio da 0 – marciume generale – a 100 – pulizia perfetta – è a accompagnato da un margine di errore (il “confidence interval” nelle ultime due colonne) che si amplia in funzione della scarsità e/o inaffidabilità dei rilevamenti. Per chi ama la statistica, sono disponibili fonti e metodi di analisi. Per inquadrare i risultati nel loro contesto socio-politico, conviene seguire gli aggiornamenti che escono sul sito di Transparency.
Su 176 paesi e territori più o meno indipendenti, l’Italia peggiora rispetto all’anno scorso: è al 72mo posto, dopo la Romania, la Macedonia, il Sudafrica, ma parecchio prima della Grecia (94mo).
I paesi in cima alla classifica risultano altrettanto puliti nel Doing Business 2013 commentato di recente dall’Economist. Però la stessa Finlandia è immacolata solo all’apparenza, scrive Erkki Laukkanen. Magari la dimensione degli “scandali” finlandesi farà sorridere i ricchi, per gli altri invece
La corruzione ammonta a una tassa sporca: i poveri e i più vulnerabili ne sono le principali vittime.
Continua a dilagare, ma in molti paesi i cittadini sembrano tollerarla sempre di meno. Forse resi consapevoli dei suoi costi da Transparency, dalla crisi economica o da altre statistiche sul divario crescente fra il reddito del 1o% e del 90% della popolazione.