NOTIZIE – Meno di una settimana fa, negli scavi di Pompei crollava l’ennesimo muro, che si aggiungeva così alla lista di danni già subiti dal complesso archeologico campano negli ultimi anni. Principali responsabili, secondo gli amministratori del sito, la pioggia e il vento: come se la mancanza di manutenzione fosse ormai data per acquisita. Senza interventi di messa in sicurezza non si può sperare di ottenere risultati di un qualche rilievo: la notizia positiva è che almeno la tecnologia sembra andare incontro alla protezione del patrimonio culturale.
Un gruppo di ricercatori anglo-americani ha infatti inventato un sottile materiale impermeabile e trasparente, dotato di proprietà che permetterebbero la protezione di edifici storici in pietra calcarea. Il cellofan.
No, seriamente.
Vicki Grassian, chimica dell’Università dell’Iowa, Stati Uniti, ha pubblicato insieme ad altri ricercatori dell’Università di Cardiff, Regno Unito, uno studio su Scientific Reports, una rivista che fa capo alla più nota Nature. Nello studio, il gruppo descrive un nuovo metodo per minimizzare le reazioni chimiche che provocano il deterioramento degli edifici. Il rivestimento è fatto di un miscuglio di acidi grassi derivati da un condimento quotidiano della dieta mediterranea, l’olio d’oliva, e di una serie di sostanze fluorurate, che aumentano la resistenza dei calcari all’inquinamento.
Grassian studia da anni le reazioni dei gas atmosferici con minerali come i calcari. I suoi studi precedenti hanno dimostrato che il biossido di zolfo può facilmente degradare il calcare, e che questa degradazione era favorita dalla presenza di umidità.
“Questa ricerca dimostra che statue ed edifici calcarei possono essere protetti dagli effetti nocivi della corrosione atmosferica, come quelli dovuti a molecole inquinanti e al particolato presente nell’aria, attraverso l’applicazione di un sottilissimo strato idrofobico”, spiega Grassian. “In particolare, la degradazione del calcare provocata da reazioni col biossido di zolfo e con particelle composte da solfati può essere ridotta di molto applicando questa ‘vernice’ “.
I ricercatori hanno scelto la cattedrale di York, in Inghilterra, come edificio su cui effettuare lo studio. Si tratta della più grande cattedrale gotica del Nordeuropa: la sua costruzione fu cominciata attorno al 1260 e ultimata due secoli dopo, nel 1472. Grassian afferma che si tratta di una struttura perfetta da studiare, poiché la sua superficie calcarea è stata esposta per secoli a piogge acide, biossido di zolfo e altri inquinanti.
Tuttavia, molte altre strutture storiche, purché di pietra calcarea, potrebbero trarre beneficio dall’invenzione: il tufo è appunto un calcare, e a Pompei abbonda. La chimica statunitense precisa che, in passato, sono stati fatti altri tentativi volti alla protezione di siti d’interesse archeologico, ma le vernici sperimentate finora influivano negativamente sulla microstruttura della pietra, e impedivano agli edifici di ‘respirare’, creando muffe e favorendo la formazione di sale.
Quanto a Pompei e ad altri siti italiani in situazioni simili, bisognerà vedere, una volta che il materiale ideato dal gruppo anglo-americano sarà stato ulteriormente sperimentato e, in caso positivo, commercializzato, se il Ministero per i beni culturali avrà fondi ed expertise a sufficienza per una sua applicazione ad ampio raggio. C’è solo da augurarsi che, nel frattempo, non si resti in attesa passiva del prossimo crollo.
Crediti immagine: Flavio~