NOTIZIE – In un aeroporto, un agente segreto corre contro il tempo. Sa che c’è una bomba nei paraggi. Gira un angolo, adocchia una pila di scatole sospette, tira fuori dalla giacca il suo cellulare, lo punta verso le scatole. Mentre le scansiona, il loro contenuto appare sullo schermo. Appena in tempo, un’applicazione del suo smartphone portatile rivela un congegno esplosivo, e l’agente riesce a salvare la vita a sé e ai passeggeri.
Suona troppo James Bond? Non lo è: si tratta, anzi, di una possibilità reale, resa possibile grazie a economici microchip al silicio sviluppati da due ingegneri elettrici del California Institute of Technology (Caltech), negli Stati Uniti. I chip generano e irradiano onde elettromagnetiche ad alta frequenza, dette onde terahertz (THz), che agiscono in una regione finora largamente inesplorata dello spettro elettromagnetico – tra le microonde e la radiazione infrarossa – e che possono penetrare un buon numero di materiali senza provocare danni da radiazioni ionizzanti come i raggi X.
Una volta incorporati in dispositivi portatili, i nuovi microchip potrebbero permettere un’ampia gamma di applicazione in campi che vanno dalla sicurezza interna alle comunicazioni senza fili, alla sanità. Nel futuro, la tecnologia potrebbe anche consentire a diagnosi non invasive di tumori.
“Attraverso la stessa tecnologia a circuiti integrati che viene usata nei microchip dei cellulari, abbiamo creato un chip al silicio che funziona quasi 300 volte più velocemente, e a costi bassissimi”, afferma Ali Hajimiri, uno dei due autori della ricerca, insieme a Kaushik Sengupta. Il lavoro è stato pubblicato nel numero di dicembre del Journal of Solid-State Circuits.
I ricercatori hanno a lungo insistito sul potenziale della gamma di frequenze terahertz per le scansioni e la diagnostica per immagini. Queste onde elettromagnetiche possono facilmente penetrare i materiali delle valigie, e restituire delle immagini ad alta risoluzione, oltre a poter anche rilevare impronte chimiche dei farmaci, armi biologiche, droghe illegali ed esplosivi.
Tuttavia, la maggior parte dei sistemi a terahertz usano degli impianti laser costosi e ingombranti, che a volte necessitano di temperature particolarmente basse. Il potenziale della scansione a terahertz è stato finora inesplorato a causa della mancanza di una tecnologia compatta e a basso costo che potesse operare in quella gamma di frequenze.
Per concretizzare le promesse delle onde terahertz, Hajimiri e Sengupta hanno progettato chip con funzionalità integrate, capaci di operare a frequenze di terahertz: soltanto, di dimensioni tali da entrare sulla punta di un dito. I nuovi chip producono segnali più forti di mille volte di quelli esistenti, ed emanano segnali a terahertz che possono essere programmati per puntare in una direzione specifica.
Con uno scanner, i ricercatori possono rilevare una lama di rasoio nascosta in un pezzo di plastica, o determinare il contenuto di grasso di un tessuto. “Non stiamo parlando soltanto di un potenziale, ma di qualcosa di cui abbiamo dimostrato l’efficacia”, precisa Hajimiri. “La prima volta che abbiamo visto le immagini, siamo rimasti a bocca aperta”.
I due ingegneri hanno anche capito come irradiare, o trasmettere, il segnale a terahertz una volta prodottolo. A frequenze così alte, non si può usare un filo, e le antenne tradizionali sono inefficaci alla scala dei microchip. Hanno quindi inventato un modo per trasformare l’intero chip al silicio in un’antenna, incorporando dei piccoli segmenti di metallo sul chip, che possono essere pilotati in modo da irradiare il segnale tutti insieme.
“Per arrivare a questa soluzione, abbiamo dovuto pensare secondo criteri olistici, eliminando le barriere del pensiero tradizionale e legando insieme circuiti integrati, elettromagnetismo, antenne e scienze applicate”.
Crediti immagine: Uwe Hermann (Flickr)