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Australiani? Isolati, ma non troppo

Crediti immagine: NAtional Museum of Australia (dominio pubblico)COSTUME E SOCIETÀ – In un panorama scientifico in continuo divenire in cui le nostre conoscenze vengono quotidianamente modificate e messe in discussione da nuove scoperte, favorite a loro volta dallo sviluppo di tecnologie di indagine sempre più economiche e all’avanguardia, poche informazioni sono considerate in qualche modo ‘consolidate’.

Nell’ambito dello studio dell’evoluzione umana e del popolamento della nostra specie dell’intero pianeta, una di queste conoscenze acquisite riguarda la colonizzazione del continente australiano e il successivo isolamento delle popolazioni giunte in questi territori dopo il primo imponente episodio migratorio. In generale, infatti, si è sempre pensato che le prime popolazioni umane giunsero in Australia intorno a 40.000 anni fa e che, almeno fino ai tempi storici, queste rimasero isolate dal resto dell’umanità (a parte contatti puntiformi con gli abitanti di Nuova Guinea e delle isole indonesiane e melanesiane).

Questo punto fermo era basato su diversi studi che avevano confrontato il DNA degli aborigeni australiani con quello di diverse popolazioni provenienti da tutti gli altri continenti. Forse però questi studi non erano così approfonditi e condotti su campioni troppo ristretti poter cogliere alcuni importanti dettagli, come si legge sulle pagine della rivista PNAS in una ricerca condotta da Irina Pugach del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia ed altri ricercatori di svariate nazionalità che mette in dubbio questa nozione largamente condivisa.

Lo studio ha analizzato, e successivamente confrontato tra loro, la varibilità all’interno dei genomi di aborigeni australiani, abitanti della Nuova Guinea e delle maggiori isole del Sudest asiatico, nonché di alcune popolazioni indiane provenienti dalle regioni da cui probabilmente partirono gli antenati dei primi colonizzatori dell’Australia.

In primo luogo, i risultati confermano l’ipotesi della massiccia migrazione verso l’Australia (la cosidetta ‘southern route‘ migratoria al di fuori dell’Africa), riconoscendo aborigeni australiani, abitanti della Nuova Guinea e Mamanwa, una popolazione che oggi vive nelle Filippine, come facenti parte di un unico gruppo, che fino a 36.000 anni or sono costituì un solo pool genico per poi suddividersi in popolazioni separate.

Ma le analisi portano altresì chiare evidenze di ulteriori episodi migratori di minore entità a partire dalla penisola indiana. Il flusso di geni tra le due popolazioni avvenne, secondo le stime realizzate dai ricercatori, all’incirca 4.000 anni fa, in tempi quindi molto antecedenti all’arrivo degli europei in Australia. Le popolazioni australiane non furono dunque sempre isolate, ma entrarono in contatto con altre di lontana provenienza con cui, oltre che scambio di geni, ci fu un probabile interscambio culturale. È proprio in questo periodo, infatti, che si rilevano significative modifiche nelle testimonianze archeologiche in Australia, in particolare negli utensili da cucina, e le prime tracce di presenza del dingo.

Una mera coincidenza?

Crediti immagine: National Museum of Australia (dominio pubblico)

Riferimenti:
Irina Pugach, Frederick Delfin, Ellen Gunnarsdóttir, Manfred Kayser, and Mark Stoneking. Genome-wide data substantiates Holocene gene ?ow from India to Australia. PNAS, January 14, 2013 DOI: 10.1073/pnas.1211927110

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Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione