Primati e asimmetria cerebrale: siamo poi così diversi?
Il nostro cervello è caratterizzato da un'asimmetria anatomica e funzionale: un nuovo studio mostra che è condivisa anche dalle grandi scimmie.
Il cervello dell’Homo sapiens è caratterizzato da una specializzazione emisferica piuttosto evidente, identificata e studiata ormai da decenni dalla comunità scientifica: emisfero destro e sinistro presentano infatti delle spiccate differenze in termini di anatomia, distribuzione delle cellule nervose, connettività e rilascio di neurotrasmettitori. Un’asimmetria che ci fa sentire unici, come specie.
Tale mancanza di simmetria è infatti particolarmente significativa perché, oltre che anatomica, è anche di tipo funzionale: sono infatti lateralizzate le zone della corteccia cerebrale adibite a particolari abilità cognitive complesse (una fra tutte il linguaggio: l’area di Broca, cruciale nella produzione del linguaggio e situata nel giro frontale inferiore, è solitamente più estesa nell’emisfero sinistro) e al controllo del movimento fine degli arti (la corteccia sensorimotoria della mano dominante, ad esempio, è più estesa nell’emisfero controlaterale).
Diverse ipotesi evoluzionistiche hanno quindi correlato l’asimmetria del cervello umano alle capacità di comunicazione e all’utilizzo di strumenti: in base ai dati conosciuti, la comunità scientifica era convinta che molti aspetti dell’asimmetria cerebrale si fossero evoluti solo molto recentemente. In tal senso le diversità morfologiche e funzionali dei due emisferi sono state viste come un elemento che ha garantito all’essere umano una maggiore capacità neurale, facilitando così l’evoluzione di abilità cognitive superiori. Finora gli studi comparativi con scimmie e primati sono stati rari, a causa della difficoltà di reperimento di cervelli: perciò, fino a poche settimane fa, non era del tutto chiaro se ci fossero (e, in caso, quali fossero) aspetti dell’asimmetria cerebrale riscontrabili unicamente nella nostra specie.
Asimmetrie anche nel cervello delle grandi scimmie
Una nuova ricerca, frutto del lavoro congiunto dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia Evoluzionistica e dell’Università di Vienna, ha però di fatto ribaltato questa visione grazie all’utilizzo di sofisticati metodi di analisi, in grado di determinare l’asimmetria cerebrale a partire non dallo studio post-mortem di cervelli (molto difficili da reperire, sia se si considerano quelli umani sia di primati), bensì dai teschi (la cui reperibilità è relativamente alta). Il campione di ricerca ha infatti compreso 95 crani umani, 47 di scimpanzé, 43 di gorilla e 43 di oranghi. Il gruppo di ricerca ha utilizzato avanzate tecniche di analisi morfometriche e statistiche per quantificare e confrontare i due emisferi alla ricerca di eventuali asimmetrie endocraniali, creando così una sorta di calco digitale dei cervelli contenuti nei teschi analizzati.
In questo modo i ricercatori hanno scoperto che il grado di asimmetria era pressoché lo stesso nel cervello degli esseri umani e in quello delle grandi scimmie. Solo gli scimpanzé presentavano, in media, un cervello “più simmetrico” rispetto a quello di umani, gorilla e orango. Non solo: l’asimmetria è conservata nei nostri parenti anche in termini di quali strutture del cervello sono maggiormente diverse da un emisfero all’atro: il lobo occipitale sinistro, quello frontale e temporale destro, nonché la porzione destra del cervelletto sono infatti più sviluppati rispetto ai corrispettivi controlaterali.
“Questi pattern condivisi di asimmetria cerebrale si sono evoluti prima dell’origine della specie umana” spiega Philipp Gunz, co-autore dello studio – e sembra che gli umani abbiano sfruttato questi pattern morfologici pre-esistenti per stabilire anche una lateralizzazione funzionale, specifica di alcuni comportamenti”.
“La cosa che ci ha sorpreso ancora di più – conclude Philipp Mitteroecker, altro autore della ricerca – è che negli esseri umani tale asimmetria era meno conservata da individuo a individuo”. Secondo gli autori queste spiccate differenze inter-individuali (giusto per fare un esempio: la mano dominante, che come ben sappiamo può essere la destra o la sinistra) sono un ulteriore prova dell’adattamento evolutivo e funzionale del cervello umano.
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