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Una rete globale contro le malattie rare

DNASALUTE – Le fiction televisive ci hanno abituato a pensare che basti una diagnosi differenziale alla dottor House per diagnosticare malattie poco conosciute, ma nella realtà non basta urlare “Non è Lupus!” (i fan di Dr House ricorderanno senz’altro questa frase).

Quando una malattia è rara fare una diagnosi corretta può essere difficile, ma quando una malattia è praticamente sconosciuta diventa quasi impossibile se non si hanno gli strumenti adeguati. I medici sono abituati a collegare i sintomi con le diagnosi delle malattie più frequenti, quelle che colpiscono molte persone, mentre quelle più rare non sempre vengono identificate rapidamente. Fortunatamente i nuovi metodi di sequenziamento ci vengono in aiuto come nel caso del sequenziamento del genoma di cui si parla sul numero di Nature di questa settimana.

La storia è quella di Harrison Harkins, un neonato con difficoltà di movimento e di alimentazione, affetto da un grave ritardo mentale e morto a soli nove mesi. Sebbene le caratteristiche cliniche della malattia fossero simili a quelle della sindrome di Bohring-Opitz e della sindrome Cornelia de Lange, Harrison non aveva mutazioni nei geni responsabili di queste rare malattie. Dal confronto della sequenza del suo DNA con quello dei suoi genitori, i medici del Baylor College of Medicine di Houston hanno potuto identificare il vero gene mutato nel bambino: ASXL3, un gene in grado di regolare l’attività di altri geni importanti nello sviluppo embrionale. Il gene non era mai stato trovato mutato in alcuna malattia nota e quello che Matthew Bainbridge e colleghi hanno fatto è stato di contattare altri centri di riferimento per cercare pazienti con sintomi simili e le stesse mutazioni di Harrison.  Alla fine della ricerca altri pazienti sono stati trovati in Europa e negli Stati Uniti e i risultati sono stati pubblicati a inizio febbraio sulla rivista Genome Medicine.

Questo esempio dimostra come la possibilità di condividere i dati genomici dei pazienti sia di fondamentale importanza. Database condivisi, in cui i dati sensibili dei pazienti siano preservati, ma con un accesso facilitato per i medici e i ricercatori possono aiutare a migliorare la diagnosi, ed eventualmente la cura, di malattie rare. Il numero ridotto dei casi di queste malattie rende necessario il confronto con altri centri in tutto il mondo, per costituire una rete globale a cui riferirsi in casi come quello di Harrison Harkins.

Il sequenziamento del DNA oggi è più accessibile di quanto non lo fosse dieci anni fa. I costi sono diminuiti e i centri, pubblici e privati, in grado di effettuare le analisi si sono diffusi. Se il sequenziamento completo del genoma non è ancora alla portata di tutti, l’analisi di specifici marcatori del DNA è ormai accessibile a chiunque attraverso i servizi promossi sul web. Il confronto dei dati genetici (siano intere sequenze o specifici pezzi del genoma) è diventato un business anche per chi non lavora in un centro di ricerca. Un esempio è l’ormai famoso progetto 23&we, promosso dall’azienda 23&me, che oltre a vendere kit di analisi personalizzata del DNA, “arruola” i propri acquirenti in veri e propri progetti per lo studio di malattie quali Parkinson e neoplasia mieloproliferativa.

La condivisione dei dati genetici e creazione di database sufficientemente ampi è il motivo che ha spinto anche l’Associazione per la distrofia muscolare a finanziare con 400.000 dollari i ricercatori del National Institute of Aging (uno degli istituti dei National Institutes of Health). In questo caso il progetto prevede di rendere pubblici i dati del sequenziamento di 1000 campioni di pazienti affetti dalla forma sporadica della sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Lo scopo è di correlare i dati delle sequenze di DNA con il decorso della malattia per identificare geni che predispongono alla SLA, nuovi test per identificare precocemente la malattia, o anche sviluppare nuovi bersagli terapeutici in grado di rallentare il decorso della malattia.

Sembra proprio che la chiave del successo stia nella creazione di database in cui ci siano decine di migliaia di casi, caratterizzati con dati clinici dei pazienti, organizzati, sicuri e accessibili. Progetti internazionali come HapMap e Human Variome hanno proseguito il lavoro del Progetto Genoma Umano e grazie alle nuove tecnologie di analisi del genoma, oggi più che mai, è necessario riflettere sugli strumenti adeguati per mettere in condivisione i dati, favorendo la ricerca scientifica, senza però mettere a rischio la sicurezza e la privacy dei pazienti.

Crediti immagine: Robin Drach (Deviantart)

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