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“Io non sono infallibile”: intervista al neurologo di Eluana Englaro

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JEKYLL – Quattro anni fa, il 9 febbraio 2009, in un’atmosfera di tensioni e di polemiche,  moriva Eluana Englaro, dopo un’esistenza trascorsa, per quasi metà della sua durata (ben 17 anni), in stato vegetativo permanente.  Nell’ambito del dibattito sul fine vita, resta uno dei casi più controversi, in grado ancora di alimentare aspre discussioni tra chi sostiene con forza la decisione presa e chi invece la contesta duramente.

Dopo una lunga altalena di sentenze e ricorsi, il padre di Eluana, Beppino,  aveva vinto la sua lunga battaglia legale con il decreto del  9 luglio 2008 emesso dalla Corte d’Appello Civile di Milano. La sentenza autorizzava Beppino , in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata che manteneva in vita la figlia per “mancanza della benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno”. 

L’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana era stata diagnosticata da Carlo Alberto Defanti, neurologo che ebbe in cura la donna negli ultimi 13 anni della sua vita.

Defanti, a causa dell’enorme responsabilità assunta, è stato bersagliato in questi anni di pesanti critiche, e ha dovuto far fronte anche a una grande mole di minacce e calunnie. In occasione dell’anniversario della morte di Eluana, lo abbiamo intervistato per farci raccontare il suo lungo rapporto con la donna e le verità scientifiche sulle condizioni in cui versava.

Il medico, ai nostri microfoni, rivela un lato umano che lascia trasparire angosce, delusioni e un certo grado di disappunto,  ma anche doti di umiltà e schiettezza. Riconosce l’esistenza di una seppur minima possibilità di errore. La medicina non è una scienza esatta, la precisione delle diagnosi rientra in un quadro probabilistico, e anche nel caso di Eluana “non si poteva escludere con certezza l’esistenza di un qualche barlume di coscienza”. Ma pur ammettendo di non essere lui stesso “infallibile”, difende con forza l’onestà e la buona fede della sua diagnosi.

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