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Yes, we do!

IL PARCO DELLE BUFALE – Cade il primo anniversario di un colpo basso, detto Fakegate, costato allo Heartland Institute la reputazione e molti donatori per cui ha dovuto ridimensionare la lotta contro le scienze e gli scienziati del clima. Per fortuna, può contare tuttora su un manipolo di volontari italiani.

Nel febbraio 2012 Peter Gleick, presidente del Pacific Institute,  si procurava documenti interni in risposta a una mail che pareva spedita da un membro del CDA dell’istituto. Risultava che l’istituto ridistribuiva ad opinionisti, purché disposti a prendersi parecchie libertà con i fatti, i fondi ricevuti – direttamente e attraverso fondazioni e think tank –  dalle industrie del petrolio, del gas e del carbone, dette poi Big Oil.

Alcuni donatori non Big Oil disertarono. Per recuperarli, l’istituto lanciò una campagna pubblicitaria in cui paragonava a serial killer e dittatori sanguinari la maggioranza degli americani consapevoli dei cambiamenti climatici in corso. Tanti donatori non Big Oil disertarono e, per tagli ai cachet e alle spese di viaggio, disertarono l’adunata tradizionale anche politici e star, trasformando la grande occasione di raccolta fondi in un flop, per ammissione dello stesso Joe Bast.

In Italia però, Climate Monitor resiste come il villaggio di Astérix alle legioni romane e continua a diffondere lo Heartland-pensiero. Un anno fa Guido Botteri, collaboratore della prestigiosa testata diretta dal ten. col. Guidi, prevedeva che Fakegate sarebbe stato il chiodo finale nella bara degli scienziati e delle scienze del clima in un post dal titolo pieno di speranze, This is the end. Un anno dopo gli sembra che tali speranze stiano per realizzarsi:

Non tutti sono d’accordo che il 97% degli scienziati credano nell’AGW:

(segue link al post di James Taylor ”Peer-Reviewed Survey Finds Majority Of Scientists Skeptical Of Global Warming Crisis” sul sito di Forbes.)

parlando con varie persone, ho notato che molti siano convinti che la totalità degli scienziati concordino sull’AGW, NESSUN climatologo escluso Quando gli fai qualche nome dei tanti che invece sono scettici, partono con la denigrazione, pagati dai petrolieri…

Come tutti sanno, meno i colleghi di Climate Monitor, il 90% degli scienziati che fanno ricerca e il 97% di quelli che fanno ricerca sul clima affermano che l’AGW (riscaldamento globale antropogenico) è suffragato da innumerevoli dati. Ma James Taylor è il managing editor dello Heartland. Questa volta si guadagna lo stipendio spacciando per un “sondaggio degli scienziati” un articolo uscito su Organization Studies, una rivista di studi aziendali:

Sta diventando chiaro non solo che molti scienziati contestano la presunta crisi del riscaldamento globale, ma che questi scienziati scettici possano in realtà formare un consenso scientifico.

lettori di Forbes non ci credono. Le autrici della ricerca sbugiardano Taylor in un modo educato, gli altri sono meno cortesi:

James, lascia perdere.

scrive un signore dopo aver ristabilito i fatti.

Ho appena visto il tuo legame con Heartland.  Conoscere i fatti potrebbe metterti nei guai, usarli peggio ancora.

Paternamente, consiglia:

Magari torna a occuparti di diritto, o prova a fare il comico. Non sei tagliato per il giornalismo

Firmato con nome e cognome, come il commento successivo

“More like prostitution.”

Auto-denigrazione

Nell’articolo “Science or Science Fiction? Professionals’ Discursive Construction of Climate Change”, chiaro già dal titolo che Taylor omette, Lianne Lefsrud e Renate Meyer analizzano le risposte a un questionario compilato cinque anni fa da 1.077 ingegneri e geologi canadesi dell’APEGA, pagati da Big Oil in quanto dipendenti, dirigenti o consulenti di Big Oil.

Le autrici distinguono alcune categorie mentali (frames) usate dai  “professionisti” per esprimersi sul riscaldamento globale e sul protocollo di Kyoto. Semplificando, in ordine decrescente le categorie sono realismo, cospirazionismo e fatalismo:

– per il 36% l’AGW esiste, per il 5% la causa è in parte umana e in parte naturale, il 41% vuole che il protocollo di Kyoto limiti le emissioni di gas serra;

– per il 24% – principalmente alti dirigenti, maschi, bianchi e anziani – il GW è naturale e innocuo, gli scienziati sono inetti e corrotti, gli ambientalisti dei cospiratori isterici ecc.; un 10% ritiene che regolamentare i gas serra equivale a distruggere il capitalismo; totale: il 34% è fortemente contrario al protocollo di Kyoto;

– per il 17%, anche se c’è poco da fidarsi dei modelli climatici,  la frittata è fatta, quel protocollo “è troppo poco, troppo tardi”.

Nulla a che vedere con quanto scrive Taylor, ma Guido Botteri e i suoi colleghi still believe in Heartland Institute… salvo quando si denigra.

Crediti immagine: Sydney Morning Herald, Desdemona Despair

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