CRONACA – Un gruppo giapponese è riuscito a rendere trasparenti i materiali biologici. Sperimentato con successo su cavie, si spera possa servire a studiare in grande dettaglio i circuiti neurali dell’uomo.
Qualcuno vi ha mai detto che ai suoi occhi siete trasparenti? I neuroscienziati giapponesi del Riken Center for Developmental Biology, guidati da Takeshi Imai, devono aver preso il messaggio alla lettera: hanno infatti messo a punto una soluzione che permette di rendere trasparente la materia biologica. Tre giorni dopo l’applicazione a embrioni e cervelli di topo, hanno potuto letteralmente guardare attraverso queste strutture. L’attendibilità della notizia potrebbe far storcere il naso, se non fosse stata pubblicata qualche giorno fa su Nature Neuroscience, non proprio l’ultima arrivata in fatto di ricerca neuroscientifica.
Se la tecnica del gruppo nipponico si limitasse a rendere trasparenti i tessuti biologici, non sarebbe in sé una rivoluzione: negli anni scorsi, tanto negli Stati Uniti che in Giappone, si è già arrivati a un risultato simile, e si sono usate le tecniche messe a punto per studiare più approfonditamente organi come il cervello. C’è però un grosso ‘ma’, ed è che questi metodi provocano danni chimici e morfologici ai campioni, e richiedono procedure lunghe, come spiega Imai. In pratica, l’influenza dello sperimentatore sul campione modifica il campione stesso, rendendo impossibili alcune misure, in una specie di effetto quantistico applicato alla biologia.
La tecnica inventata al Riken, invece, fa uso di una soluzione a base di acqua e fruttosio che, oltre a ridurre enormemente i tempi di azione, non provoca effetti indesiderati né sulla forma né sulla natura chimica dei campioni, né sui coloranti iniettati (tra questi, la proteina fluorescente verde, uno strumento molto usato in esperimenti biologia molecolare). Combinata alla microscopia a fluorescenza, la soluzione ha permesso ai ricercatori di ottenere immagini dettagliate del cervello di un topo a una risoluzione incomparabilmente più alta di quanto si fosse ottenuto finora.
Il gruppo ha quindi potuto visualizzare i circuiti neurali all’interno del cervello del topo su scala macroscopica, cioè guardando a tutto l’organo, senza doversi limitare al procedimento – abituale, in neuroscienze – di tagliare fettine di cervello per poi studiarle al microscopio. Il gruppo ha potuto così descrivere con grande precisione, per la prima volta e in tre dimensioni, i circuiti dei sistemi di fibre nervose che collegano formazioni omologhe dei due emisferi cerebrali.
Imai e colleghi sono anche riusciti a visualizzare in 3D i circuiti di alcune cellule del bulbo olfattivo, le cellule mitrali, coinvolte nell’individuazione degli odori, con una risoluzione alla singola fibra. “La soluzione è economica, rapida, sicura da usare e non richiede attrezzature speciali, e crediamo che si rivelerà utile per un’ampia gamma di studi, incluso quello dei circuiti neurali in campioni umani”, si augurano i ricercatori del Riken.
Crediti immagine: Mal B