SPECIALE OTTOBRE – Habemus praemium! Dopo un’attesa durata oltre il previsto, l’Accademia reale svedese ha proclamato i Nobel per la fisica 2013. Dopo i computer superveloci nel 2012, è la volta del tanto atteso bosone di Higgs. Il premio è stato assegnato al fisico britannico Peter Higgs, da cui il bosone prende il nome, e al belga François Englert, per aver teorizzato le modalità in cui le particelle elementari acquisiscono massa: modalità confermate dalla scoperta al Cern del bosone, l’anno scorso.
Il meccanismo premiato è una parte centrale del Modello standard della fisica delle particelle, che descrive com’è costituito il mondo. Secondo il modello, tutto, dai fiori, alle persone, ai pianeti, consiste di un piccolo numero di mattoni costitutivi: le particelle di materia. Queste particelle sono governate da forze, mediate da particelle di forza, che permettono alla materia di tenersi insieme.
Tutto il Modello standard è fondato sull’esistenza di un tipo speciale di particella, il bosone di Higgs, connesso a un campo invisibile che riempie tutto lo spazio. Al contrario degli altri campi di forze, il campo di Higgs non diventa nullo al suo livello più basso d’energia. Anche quando l’universo sembra vuoto, il campo di Higgs è lì. Le particelle acquisiscono massa solo entrando in contatto col campo e, se questo non ci fosse, gli elettroni e i quark non avrebbero massa, come invece accade ai fotoni, che non interagiscono col campo. Come i fotoni, le particelle attraverserebbero lo spazio alla velocità della luce, senza alcuna possibilità di essere catturate in atomi e molecole. A quel punto, niente di quanto conosciamo esisterebbe.
Il Modello standard mette insieme i mattoni costitutivi della natura, le particelle, e tre delle quattro forze a noi note: elettromagnetismo, interazione forte (che tiene insieme protoni e neutroni nel nucleo atomico) e interazione debole (responsabile del decadimento radioattivo). Ognuna di queste forze, più quella gravitazionale, è mediata da una particella di forza. Il modello, però, funziona soltanto se le particelle di forza non hanno massa. Per la forza elettromagnetica, mediata da fotoni privi di massa, il problema non si poneva; ma la forza debole è mediata da tre particelle dotate di massa.
Come poteva quindi essersi creata la forza elettrodebole, che unifica le due precedenti? Il Modello standard sembrava minacciato. Englert e Higgs erano entrambi giovani scienziati quando, nel 1964, formularono indipendentemente l’uno dall’altro una teoria che salvava il modello dal collasso, permettendo alle particelle di acquisire massa. Quasi mezzo secolo dopo, il 4 luglio 2012, i due si trovavano tra il pubblico del Cern di Ginevra quando, in seguito agli esperimenti con l’acceleratore di particelle più potente del mondo, l’LHC, fu finalmente annunciata al mondo la scoperta della particella di Higgs, che confermava la teoria.
Ciò che rende speciale il campo di Higgs è che sembra spezzare la simmetria del mondo. In natura, la simmetria abbonda: i volti sono in genere simmetrici, così come i fiori e i fiocchi di neve. La fisica rivela altri tipi di simmetrie che descrivono il mondo, ma a un livello più profondo. Vincoli di simmetria, applicati alle equazioni del Modello standard, proibiscono alle particelle di avere massa. Ma questo non è il caso degli oggetti del nostro mondo, per cui le particelle devono aver acquisito la loro massa in qualche modo. Il meccanismo ipotizzato dai neo-Nobel ipotizza che la simmetria sia preservata, ma invisibile.
L’universo è probabilmente nato simmetrico dal Big Bang, e il campo invisibile di Higgs aveva in origine una simmetria, che possiamo visualizzare come una pallina sul fondo di una ciotola. Ma un tempo brevissimo dopo il Big Bang, dell’ordine di un centomiliardesimo di secondo, è bastato al campo di Higgs per spezzare la simmetria: è come se si fosse creata una collinetta al centro nella ciotola (immaginate un sombrero), e la pallina si fosse mossa nell’incavo tra la collinetta e la parete della ciotola, spostandosi dal punto di simmetria centrale. La nuova posizione nasconde la simmetria globale.
Perché lo spostamento avesse luogo, erano richieste quattro particelle, ma solo una, il bosone di Higgs, è sopravvissuta. Le altre tre sono state consumate dai mediatori della forza debole, che hanno così acquisito massa. In questo modo, la simmetria della forza elettrodebole nel Modello standard è preservata: la simmetria tra le tre particelle ‘pesanti’ della forza debole, e il fotone senza massa della forza elettromagnetica resta, soltanto è nascosta alla vista.
Se l’Higgs è il pezzo mancante del puzzle del Modello standard, ciò non significa che il Modello sia il pezzo finale nel puzzle cosmico. Per esempio, il modello descrive soltanto la materia visibile, ma questa è appena un quinto di tutta la materia di cui l’universo è composto. Il resto è materia oscura, che non interagisce con la materia visibile, se non attraverso la sua spinta gravitazionale che tiene insieme le galassie. Chissà che il bosone di Higgs non contribuisca, in futuro, anche a rendere la materia oscura un po’ più chiara.
Crediti immagine: Pnicolet, Gert-Martin Greuel, Wikimedia Commons