Era il giugno 2004 e al Master in comunicazione della scienza della Sissa avevamo un grande maestro di giornalismo: Romeo Bassoli, l’ideatore e a lungo direttore della pagina scientifica dell’Unità, all’epoca già impegnato con Zadig, l’agenzia di comunicazione che aveva contribuito a fondare. Un giornalista “vero”, che si era fatto la sua gavetta, dai servizi in cronaca fino a specializzarsi in giornalismo scientifico, e che a un certo punto la comunicazione scientifica si era messo a insegnarla, formando intere generazioni di professionisti (“comunicatori rinascimentali” li chiamava lui, perché avrebbero dovuto saper fare un po’ di tutto).
Quel giugno cadeva il suo cinquantesimo compleanno, una data per lui importantissima. Perché suo padre era morto di infarto a 49 anni e lui, che aveva in corpo un bel rischio cardiovascolare, a quella meta aveva paura di non arrivarci. E invece no: suonati i 50 e gabbato il destino, si è trovato coinvolto in una festa sorpresa in un’osmiza del Carso. Con tutti i suoi studenti a cantare in coro “Romeo, er mejo der Colosseo”.
Era emozionatissimo, quella sera, e fa male sapere che, soltanto nove anni dopo, la malattia si è presa la rivincita. Questa mattina Romeo ci ha lasciato. Non per colpa del cuore, ma di un tumore, che pure era riuscito a tenere a bada per alcuni anni. Una lotta costante, sempre giocata con le sue armi più tipiche: la lucidità, la consapevolezza, la leggerezza, l’ironia. Quelle stesse armi che cercava di insegnarci al Master, tra un gioco di parole e l’altro.
Nove anni sembrano pochi, eppure in mezzo ci è passata addirittura un’altra vita professionale, questa volta da capo ufficio stampa dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. Con la sua squadra di comunicatori, dal 2007 a oggi Romeo Bassoli ci ha raccontato l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, l’avventura di LHC, la meraviglia della fisica delle particelle.
Gli ultimi momenti del suo viaggio personale, invece, li ha consegnati a Facebook (un’altra lezione di giornalismo e di vita, hanno detto in molti). In uno degli ultimi post ha dichiarato di essere entrato nel finale di partita con il suo tumore. Ha chiesto «solidarietà e soprattutto cinismo». Della prima ne è arrivata tantissima, del secondo un po’ meno. Perché quella di saper scherzare anche nei momenti peggiori era una grande abilità soprattutto sua. Poi un altro paio di post, a raccontare della sua notte con il bombolone di ossigeno e della delusione della morfina. Infine il silenzio.
Ora la sua bacheca si affolla dei saluti di chi lo ha conosciuto, magari solo di sfuggita, e apprezzato. Uniamo qui anche il saluto di OggiScienza, insieme a un forte abbraccio per i familiari. Ciao, Romeo.