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A volte ritornano

Ours_brun_parcanimalierpyrenees_1AMBIENTE – Solo pochi giorni fa descrivevamo con soddisfazione il ritorno dei grandi mammiferi predatori negli Stati Uniti e il crescente consenso verso una pacifica convivenza con essi da parte delle popolazioni locali (Il ritorno dei predatori). Oggi, le buone notizie vengono invece da un rapporto internazionale redatto da BirdLife International, l’European Bird Census Council (EBCC) e la Zoological Society di Londra (ZSL), che riporta l’attenzione sulla situazione della fauna selvatica europea.

Il report, dall’eloquente titolo “Wildlife Comeback in Europe. The Recovery of Selected Mammal and Bird Species“, segnala chiaramente un ritorno dei grandi mammiferi e degli uccelli di grosse dimensioni in Europa nel corso degli ultimi cinquant’anni. Insomma, l’Europa è di nuovo popolata di orsi, lupi, bisonti, cicogne, foche e avvoltoi. Tuttavia, questi risultati, sebbene incoraggianti, non devono trarre in inganno in quanto non riflettono il complessivo andamento della biodiversità europea, che è purtroppo ancora in calo. Il principale obiettivo di tale progetto, commissionato dal programma Rewilding Europe, era infatti l’identificazione delle principali cause che hanno portato al recente aumento delle popolazioni di diverse specie selvatiche, in modo tale da ricavarne importanti lezioni per le future opere di conservazione della biodiversità.

Il campione delle specie analizzate non è stato pertanto casuale, in quanto il report è interamente focalizzato su quelle che hanno manifestato un incremento demografico nell’ultimo mezzo secolo. Inoltre, sono inclusi nelle analisi solo i grandi mammiferi, sia carnivori (ad esempio: il lupo, lo sciacallo dorato, l’orso bruno, la foca grigia, la lince europea e quella iberica), sia erbivori (ad esempio: il bisonte, l’alce, il castoro, il camoscio alpino e quello pirenaico), e gli uccelli di grosse dimensioni, in particolare rapaci (ad esempio: il grifone, il gipeto, il nibbio reale e il falco pellegrino). Le ragioni della selezione di tali specie sono prevalentemente tre: i grandi mammiferi e i grandi uccelli sono gli organismi maggiormente studiati e su cui esistono le più importanti serie storiche di dati a livello continentale. Inoltre, le specie che si trovano ai livelli più elevati delle catene alimentari sono le cosiddette ‘specie ombrello’, particolarmente importanti per la conservazione di tutto l’ambiente in cui vivono, in quanto la loro protezione implica la tutela anche dei livelli trofici sottostanti. Infine, queste specie sono spesso anche ‘specie bandiera’, ovvero le più carismatiche nel sensibilizzare l’attenzione del grande pubblico verso le conseguenze negative delle attività umane sulla biodiversità.

I risultati più importanti del report, interamente consultabile online, non riguardano però il fatto che le popolazioni di queste specie focali stiano incrementando, ma le modalità che le hanno portate a questa espansione demografica. Sembra infatti che sia la diretta protezione delle popolazioni già esistenti che la reintroduzione nei luoghi in cui si erano estinte abbiano portato in tutto il continente importanti benefici sia per gli uccelli che per i mammiferi.

Nonostante questi dati incoraggianti, non bisogna però dimenticare che le popolazioni analizzate, sebbene in fase di crescita, nella maggior parte dei casi sono ancora lontanissime dai livelli precedenti all’intensivo sfruttamento umano del territorio. Siamo quindi solo all’inizio.

Crediti immagine: Jean-noël Lafargue, Wikimedia Commons

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Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione