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Intrappolare i liquidi in forme particolari per evitare il rigetto nei trapianti

2288458599_d57c8a46ed_oCRONACA – Per fare una scoperta scientifica di prima classe non occorre essere accademici di lunga data. È il caso di Mengmeng Cui, dottoranda in scienze dei polimeri all’Università del Massachusetts di Amherst, che ha recentemente scoperto un metodo per intrappolare un liquido dentro un altro, isolando entrambi dall’esterno e separandoli all’interno di un sistema che resta stabile per lunghi periodi. I liquidi di questo sistema ingegnerizzato, inoltre, possono essere manipolati geometricamente, e la loro forma può essere alterata a piacere. Cui, che fa parte del laboratorio d’ingegneria dei polimeri diretto da Thomas Russell, ha pubblicato i risultati della sua ricerca su Science a fine ottobre.

Russell ha spiegato che questa scoperta lascia ben sperare per un’ampia gamma di ambiti coi quali abbiamo a che fare più o meno spesso, compresa la somministrazione di farmaci, i biosensori (dispositivi formati da una parte biologica e una elettronica, e capaci di trasformare i segnali da chimici in elettrici), ma anche i materiali fotovoltaici o la fluidica. Soprattutto, il nuovo dispositivo potrebbe essere sfruttato per l’incapsulamento cellulare, una tecnologia che permette di immobilizzare una cellula all’interno di una membrana semipermeabile composta di polimeri, rendendo possibile ridurre l’uso prolungato di farmaci immunosoppressori dopo un trapianto d’organi.

“È un risultato eccezionale”, si lascia andare Russell. “Abbiamo indotto il sisema a rimanere assolutamente fisso, intrappolato in un certo stato per quanto tempo vogliamo. Ora possiamo prendere un materiale, incapsularlo in una gocciolina di forma particolare, e lasciarvelo a lungo. Ogni sistema in cui si possano assemblare materiali dall’unione di due polimeri presenti in quantità circa uguali, e in cui questi polimeri possano essere manipolati indipendentemente pur restano all’interno della stessa struttura, è potenzialmente prezioso per la ricerca.

Quando Cui ha notato qualcosa di insolito nei suoi esperimenti di routine, invece di ignorarlo e ricominciare l’esperimento, ha deciso di investigare il fenomeno. Nello specifico, la ricercatrice ha applicato un campo elettrico a un sistema di due liquidi, per superare la forza debole che rende stabili gli insiemi di nanoparticelle all’interfaccia dei due materiali. Sotto l’influenza di un campo esterno, una goccia sferica cambia forma, allungandosi fino a diventare un ellissoide, e aumentando la sua superficie: di conseguenza, vi si attaccano molte più nanoparticelle che nella forma originaria.

“Quando si spegne il campo, il maggior numero di nanoparticelle che ora si trova sulla superficie ‘ingorga’ il sistema liquido, un po’ come accade sulle rampe d’uscita di un raccordo autostradale il sabato sera”, spiega Russell. In questo stato particolare, la goccia ricoperta di nanoparticelle mantiene sia la sua forma ellissoidale, sia l’alto numero di nanoparticelle sulla sua superficie. La differenza è che ora le particelle sono disposte disordinatamente e uno stato simile a quello di un liquido, e questa nuova forma può essere fissata in maniera permanente. La possibilità di stabilizzare liquidi in configurazioni di questo tipo apre la strada a modalità completamente nuove di produzione e somministrazione di farmaci.

Crediti immagine: Dino Quinzani, Flickr

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