CRONACA – Siamo più vecchi di quel che pensiamo. O meglio, il ferro che è presente nel nostro corpo potrebbe risalire a epoche più remote di quelle delle stelle che brillano in cielo.
A dimostrarlo sarebbe la distribuzione uniforme dei metalli pesanti tra una galassia e l’altra all’interno dell’ammasso di Perseo. La regolarità con cui il ferro è stato disperso all’interno dell’ammasso, fa supporre a forti esplosioni, capaci di proiettare i materiali a grande distanza e di certo avvenute prima della formazione dell’ammasso di Perseo.
Per studiare la dispersione del ferro, i ricercatori dell’istituto KIPAC, della Stanford University e dell’acceleratore SLAC, hanno dovuto confrontare 84 raccolte di immagini, scattate dal telescopio del satellite giapponese Suzaku. L’osservazione di Perseo da 8 angolature diverse, ha permesso di raccogliere gli spettri di emissione del ferro provenienti da ogni angolo di questa galassia, che è una delle più vaste.
L’articolo, pubblicato su Nature il 31 ottobre scorso, sposterebbe così la data di nascita del ferro a 10-12 miliardi di anni fa, l’epoca che ha visto la formazione di molte stelle.
I ricercatori hanno stimato che la quantità di metallo presente nello spazio interstellare sarebbe pari a 50 miliardi di masse solari, cioè a una massa pari a 17 milioni di volte quella della Terra. Il gruppo di astrofisici sostiene che per raggiungere una tale quantità di materiale ci saranno state almeno 40 miliardi di esplosioni di Supernovae chiamate Tipo I-a, che quando esplodono rilasciano tutto il materiale di cui sono composte nello spazio.
Questo gli astrofisici non possono dirlo con certezza: si tratta solo di una stima e bisognerà aspettare misure più precise della quantità di ferro presente nell’universo. In seguito a questo studio è possibile affermare che i metalli pesanti, una volta liberati non restano imbrigliati nelle loro galassie, ma sono proiettati lontano nello spazio interstellare. Ed ecco aggiunto un altro tassello utile a spiegare come si evolvono e crescono gli ammassi più larghi del nostro universo.
Crediti immagine: NASA Goddard Space Flight Center, Flickr