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HomericercaVedere senza luce
ricerca

Vedere senza luce

Stefano Dalla CasaStefano Dalla Casa
Nov. 14, 2013 at 1:22 pm

CRONACA – Nel buio più totale è impossibile vedere, a meno che non si tratti della vostra mano in movimento. Questa l’affascinante scoperta dei ricercatori alla Rochester University, recentemente pubblicata sulla rivista Psychological Science. Secondo lo studio, che ha coinvolto 129 volontari, circa metà delle persone è in grado di “vedere” la propria mano in movimento nella completa oscurità. Non si tratta di una sorta di superpotere, ma di un meccanismo cognitivo che trasforma il nostro movimento in una figura, anche se in realtà la nostra retina non è stata minimamente impressionata da una fonte luminosa. In altre parole il nostro cervello “sa” dove si trova la nostra mano nello spazio, e può dircelo evocando un’immagine. Niente di più di una scia confusa, ma pur sempre un’immagine.

Scettici? Fate bene, perché per dimostrare questo meccanismo, una forma di senso cinestetico, occorreva mettere a punto un esperimento che desse la certezza che i soggetti, quando dicevano di vedere la propria mano, non si fossero semplicemente autosuggestionati. Alla fine i ricercatori hanno usato un ingegnoso stratagemma: da una parte dicevano ai volontari che stavano usando due tipi di bende oscuranti, una che lasciava passare un po’ di luce grazie a piccoli buchi, l’altra completamente cieca, mentre in realtà con entrambe le bende l’oscurità era totale, e allo stesso tempo, grazie a un sistema di tracciamento oculare a infrarossi, registravano i movimenti degli occhi.

Anche se possiamo suggestionarci fino al punto di dire allo sperimentatore quello pensiamo voglia sentire, possiamo seguire con gli occhi un movimento solo se  “vediamo” realmente qualcosa. In questo modo è stato confermato il senso cinestetico in circa metà del campione.

Probabilmente è per questo che molti speleologi raccontano di aver potuto vedere le proprie mani muoversi nell’oscurità più totale, un fenomeno diventato noto come “illusione dello speleologo” dopo che il professore di filosofia Eric Schwitzgebel (University of California, Riverside) lo descrisse così nel proprio blog nel 2010, proponendo anche alcune ipotesi interpretative, poi rivelatesi esatte.

Non tutti però manifestano questo senso con la stessa intensità. Durante la ricerca si è scoperto che, come del resto si prevedeva, una categoria di persone è nettamente più brava a percepire l’illusione dello speleologo, e segue con gli occhi la mano nel buio con altissima precisione. Stiamo parlando dei sinestetici, nei quali in modo più o meno accentuato una stimolazione sensoriale evoca la percezione altri stimoli, distinti, di tipo differente. Ad esempio nella sinestesia grafema-colore, lettere e numeri sono percepiti con colori caratteristici.

Capacità innata o appresa? Non lo sappiamo ancora, anche se Duje Tadin, professore di scienze cognitive alla Rochester che ha guidato lo studio propende per la seconda ipotesi:

Il nostro cervello è lì per cogliere tutti i tipi pattern: visuali, uditivi, di pensiero, di movimento… E questa è un’ associazione così altamente ripetibile che è logico il nostro cervello abbia imparato a sfruttarla.

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Tags :illusione dello speleologoRochester Universitysinestesiasinestesia grafema-colore
Stefano Dalla Casa14 Novembre 2013
Stefano Dalla Casa

Stefano Dalla Casa

Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac
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