CRONACA – Il T-rex è, nell’immaginario collettivo, il più grande e terribile predatore mai apparso sul nostro pianeta, o almeno sulla terraferma. Eppure i suoi antenati, i più antichi membri della famiglia dei tirannosauridi, erano grandi come un cane, e vivevano all’ombra di altri predatori, i giganti dell’epoca. Ai vertici della catena alimentare, un centinaio di milioni di anni fa, c’erano i neovenatoridi, cugini alla lontana del T-rex. Il trono da “re” in quel periodo spettava probabilmente a Siats meekerorum, una nuova specie appena scoperta nello Utah, vissuta 98 milioni di anni fa.
Lindsay Zanno della North Carolina State University e Peter Makovicky del Field Museum of Natural History di Chicago – i paleontologi che l’hanno descritto sulle pagine di Nature Communications – raccontano che il nome è in omaggio al siats, un mostro mangiatore di uomini proveniente dalle leggende degli Ute, una popolazione indigena locale.
La nuova specie è stata descritta a partire da uno scheletro fossile incompleto, rinvenuto nella Cedar Mountain Formation, nella parte orientale dello stato americano. I resti comprendono alcune vertebre, parte del bacino e un arto inferiore.
Lo scheletro appartiene a un giovane, che doveva raggiungere una lunghezza di circa 10 metri, giungendo al terzo posto della classifica dei più grandi predatori nordamericani. Gli scopritori ritengono tuttavia che questa specie potesse raggiungere nell’età adulta dimensioni ancora maggiori. “Nuove testimonianze fossili potrebbero rivelare che Siats fu uno dei più gandi predatori mai vissuti sulla Terra”, puntualizza la Zanno.
Il T-rex è al primo posto in questa speciale classifica, ma i suoi antenati che vivevano al tempo di Siats erano di piccole dimensioni, e solo dopo l’estinzione degli ultimi neovenatoridi – di cui Siats è l’unico rappresentante americano – “i tirannosauridi furono liberi di evolvere diventando i giganteschi predatori che tanto ammiriamo”, conclude la Zanno.
L’importanza di Siats non risiede però solo nelle sue dimensioni da record. Il nuovo ritrovamento colma una grossa lacuna nella storia evolutiva dei grandi carnivori americani, di cui non si sapeva nulla, o quasi, per un arco temporale di almeno 25 milioni di anni.
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