CRONACA – Differenze di genere: non manchiamo mai di sottolinearle quando si parla di problematiche sociali, ma quanto conta essere uomo o donna se l’argomento non è il lavoro o la famiglia, ma la medicina? Molto.
Uomini e donne sono colpiti dalle diverse patologie in percentuali e fasi della vita diverse, e non rispondono ai farmaci allo stesso modo. Le donne inoltre si ammalano più spesso, e tendono ad assumere più farmaci rispetto agli uomini: eppure si tratta di differenze che, in tutto ciò che è stato fatto finora nell’ambito medico, non sono state considerate quanto avrebbero dovuto. Una mancanza alla quale bisogna ovviare a cominciare da una proposta di legge che è stata presentata quest’estate, “Norme in materia di medicina di genere”. Si tratta di una proposta co-firmata da Ilaria Capua, pioniera della scienza open source italiana che nel 2006 ha reso pubblica la sequenza genetica del virus dell’influenza aviaria, un traguardo che le è valso il titolo di “mente rivoluzionaria” da Seed e l’ha portata ad essere annoverata tra i 50 scienziati top di Scientific American.
E chi meglio di una mente rivoluzionaria per aprire la strada a un ambito di studio che, alla fine dei giochi, è molto più inesplorato di quanto pensassimo? “Ci tengo a sottolineare che la medicina di genere non vuole essere l’ennesima rivendicazione della figura della donna messa in un angolo per una vita intera”, commenta Capua, “Ma un cambiamento culturale radicale”.
I primi passi sono già stati fatti: “È già nato a Padova il centro di referenza nazionale per la medicina di genere, diretto da Giovannella Baggio. Sono trascorsi molti anni da quando ha iniziato a lavorare a questo progetto, ed è una vera pioniera. Non a caso è lei ogni anno a organizzare il congresso nazionale dedicato, e Padova è diventata una città all’avanguardia”. Ma l’avanguardia non è solo patavina, e come si può leggere sul disegno di legge anche altre regioni come Toscana, Puglia, Piemonte ed Emilia-Romagna hanno introdotto regolazioni locali per favorire l’incorporazione della medicina di genere nei piani sanitari regionali.
Passi in avanti, non solo in rosa
I vantaggi di una vera e propria medicina di genere non sarebbero solamente per le donne, seppur sia questo l’unico aspetto che emerge quando se ne parla. “Assumendo che i farmaci vengono testati prevalentemente sui maschi, come se il paziente finale fosse sempre tale, non si tiene conto dei casi nei quali le donne sono più a rischio. Ma non si tiene conto neppure di quelli nei quali hanno vantaggi fisiologici che potrebbero estendersi alle cure per tutti, portando a passi in avanti anche nella cura degli uomini”, spiega Capua. Per esempio? Fino a una certa età le donne sono più protette dalle patologie cardiache e cardiovascolari rispetto agli uomini, e hanno un sistema immunitario più vigoroso nel rispondere alle infezioni. Vantaggi che potrebbero e dovrebbero essere approfonditi.
Al contrario, i problemi che riguardano la tiroide sono quasi esclusivamente femminili: “Le novità principali andrebbero ricercate principalmente nelle patologie legate al metabolismo, dal diabete all’osteoporosi a tutti i problemi legati al ciclo ormonale e alla menopausa”, commenta Capua, “Ed entrando nel mio ambito, anche per quanto riguarda le malattie infettive c’è una sensibilità molto differente tra uomo e donna, con alcune forme di patologie virali che colpiscono principalmente le donne. Un esempio sono le influenze, quando comportano miocarditi spesso colpiscono le donne”.
Il punto di partenza è assumere che il paziente finale non è maschio ed effettuare le ricerche su campioni randomizzati e statisticamente significativi, per un approccio che porti vantaggi a tutti. Sembra scontato? Non lo è: “Non si fa molto caso, ad esempio, al fatto che nelle sperimentazioni dei farmaci i topi dovrebbero essere sempre metà maschi e metà femmine. E così il gap di significatività va aumentando”. In questo modo, infatti, si trascurano completamente le differenze di genere, portando a delle cure asimmetriche, discriminatorie, meno efficaci e – come riporta la proposta di legge – a una mancanza nei confronti dell’articolo 32 della Costituzione:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Per raggiungere questi obiettivi, chi lavora nel campo della salute – dai medici ai ricercatori, passando per aziende farmaceutiche e istituzioni pubbliche – dovrà preoccuparsi che assistenza, terapie e farmaci siano sempre adeguate alle caratteristiche della persona, incluse quelle di genere.
Medicina di genere, all’università e nella società
“Il nuovo approccio alla medicina di genere dovrebbe iniziare con la formazione: certo è presto per pensare di stabilire due branche separate, patologia femminile e maschile, e insegnarle all’università”, spiega Capua, “Prima di tutto è necessario far presente che in alcune malattie c’è una spiccata differenza di genere, poi a mano a mano che ne sapremo di più potremo impostare un piano per fare informazione anche in quest’ambito. In Veneto è già stata istituita la prima cattedra per l’insegnamento della medicina di genere, e certamente la regione si muoverà ancora in questa direzione”.
La proposta di legge non è ancora stata valutata, e le tempistiche sono a oggi sconosciute anche se Ilaria Capua garantisce che, insieme agli altri co-firmatari, si sta adoperando affinché il percorso venga accelerato e arrivino risposte al più presto. “Miriamo alla creazione di un ambient legislativo adatto affinché questa realtà medica venga presa in considerazione seriamente, per la prima volta”.
“Tra i principali obiettivi che vogliamo raggiungere c’è la razionalizzazione degli strumenti terapeutici e profilattici”, spiega Capua, ma la strada da fare è lunga e inizia molto prima. “Quello che va approfondito prima di tutto sono le vere e proprie basi biologiche, biochimiche e metaboliche, perché è già a quel livello che mancano le conoscenze”. Il genere che meriterebbe più attenzione per il beneficio di tutti è uno, insomma, ma i fattori ai quali guardare sono molti di più.
Crediti immagine: Thomas Rousing, Flickr