CRONACA – Cosa succederebbe se delle papere che nuotano spensierate in un fiume assumessero del Tamiflu? Potrebbe sembrare uno scenario irreale, ma come spiega un nuovo studio svedese potrebbe facilmente accadere.
Il Tamiflu è un farmaco antivirale ed è a oggi il medicinale più utilizzato per curare l’influenza. Un team guidato da Hanna Söderström, chimica ambientale della Umeå University, ha ipotizzato cosa accadrebbe se si diffondesse in natura, a partire da una prima specie ospite. Il metabolita attivo del Tamiflu, secreto naturalmente dall’urina umana, non viene infatti rimosso dai tradizionali trattamenti di purificazione dell’acqua. Il team svedese è stato in grado di rintracciarlo nell’acqua dei fiumi giapponesi durante la stagione influenzale del 2007/08, come anche in quelli europei durante l’influenza pandemica del 2009. Il Giappone, spiega Söderström, è il paese che fa più ampio uso di farmaci antivirali nel mondo, nei periodi in cui l’influenza stagionale colpisce.
Basandosi sul fatto che le anatre sono gli ospiti naturali per i virus dell’influenza, e che spesso nuotano nei pressi degli impianti di trattamento dell’acqua, i ricercatori hanno esaminato se il virus influenzale in quelle esposte al Tamiflu avesse sviluppato resistenza: la risposta è sì. Quando le anatre nuotano nell’acqua con concentrazioni rilevanti di metabolita, oppure la bevono, il loro virus influenzale si rafforza. Se un virus resistente dovesse diffondersi tra gli esseri umani e causare una pandemia si tratterebbe di una seria minaccia per la salute pubblica, in quanto sarebbero necessari diversi mesi per sviluppare un vaccino efficace. Proprio per questo, spiegano i ricercatori, lo studio si è concentrato sulle conseguenze dell’uso di antivirali durante la prima ondata di un’influenza pandemica.
Alternative? A oggi, Relenza è il medicinale consigliato in sostituzione del Tamiflu, quando questo non sortisce effetti. È perciò molto probabile che Relenza e i nuovi farmaci antivirali – non ancora disponibili sul mercato svedese – verranno utilizzati più del Tamiflu se la resistenza aumenta. Non si tratta di allarmismo, bensì di prevenzione e scrupolosa attenzione alle conseguenze ambientali: precauzioni che dovrebbero diventare la norma ogniqualvolta si parla di sostanze chimiche. Con i finanziamenti ricevuti, infatti, il gruppo di ricerca di Söderström vuole sviluppare un centro dedicato – che agisca a livello nazionale – per informare riguardo agli effetti dei farmaci antivirali sull’ambiente, e alle conseguenze nel caso questi si diffondano.
È perciò importante, sottolineano i ricercatori, esaminare il rischio che si sviluppi una resistenza prima che il medicinale venga utilizzato ancora più diffusamente, in modo da ridimensionare le prescrizioni e implementare i piani di prevenzione. Altri provvedimenti da prendere? Migliorare le metodiche di trattamento delle acque reflue in modo da eliminare ogni traccia di medicinali; per ora è stata testata l’efficacia del trattamento tramite ozono, che si è rivelato efficace allo scopo.
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