COSTUME E SOCIETÀ – Le astronome italiane sono brave, a volte bravissime, e un po’ meno discriminate che altrove, scrivono Francesca Matteucci, dell’università di Trieste e presidente del Consiglio scientifico dell’INAF, e Raffaele Gratton dell’INAF di Padova, ma la situazione non è rosea lo stesso.
All’inizio dell’articolo, gratuito su Arxiv, gli autori (il secondo, della dinastia di “Eta Carinae“) ricordano che
Bettisa Gozzadini (1209-1261) e Novella D’Andrea (1333-?) sono state le prime donne ad insegnare all’Università di Bologna
Bei tempi. Nell’era moderna, la prima ad ottenere una cattedra universitaria è stata Margherita Hack, nel 1964. In mezzo secolo, si sono fatti progressi:
All’INAF le donne rappresentano il 32% dei ricercatori (289 su 908) e il 40% del personale tecnico e amministrativo (173 su 433). Se si considerano solo le posizioni permanenti, le percentuali sono rispettivamente il 30% (180 su 599) il 40% (163 su 410). Per un confronto, a fine 2011 le percentuali dell’INFN – solo per le posizioni a tempo indeterminato – erano il 22% (131 su 603) dei ricercatori e il 31% (307 out of 1004) per il personale tecnico e amministrativo.
Meglio di quanto accade ad astronome/astrofisiche nei dieci paesi leader in materia, ma il dato “modestamente positivo” non deve fare illusione. Il precariato protratto, ormai di regola fino a 35-40 anni e non solo in Italia, discrimina le donne. Se fanno figli, vengono estromesse per prime dalla ricerca.
Nelle conclusioni, c’è questa nota:
Ci chiediamo come mai i paesi con la maggior frazione di astronome sono i paesi cattolici (Argentina, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Brasile ecc.) e non quelli protestanti dove tradizionalmente si ritiene che la posizione delle donne sia migliore (Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, UK, USA: rif Figura 8)…
Il paradosso non si ferma qui. Per secoli, la Chiesa cattolica ha perseguitato gli astrologi e ne ha messo i libri all’Indice, eppure è il paese con il maggior numero di osservatori costruiti dal Seicento in poi e oggi con un numero record di astrofili, maschi e femmine. Che “l’eredità” di Galileo si sia sommata a quella di Margherita?
Oltre alla religione, conta l’ideologia politica. Nella DDR, gli asili nido e le scuole materne erano gratuite per tutte le lavoratrici. Ne deriva la reputazione ingiustificata della Germania attuale. Nell’ex Repubblica federale tedesca, nidi e materne erano rari e lo sono tuttora. Una madre che ci abbandona i figli per andare a lavorare è ritenuta piuttosto indegna. Altro paradosso, la Kinderförderungsgesetz – la legge che nel dicembre 2008 ha destinato 4,3 miliardi di euro alla creazione di strutture pubbliche per la prima infanzia – è dovuta alla ministra democristiana Ursula von der Leyen, una facoltosa signora che ha potuto permettersi sette figli. Una rarità. La media nazionale di 1,36 figli per coppia sta causando una “denatalità accelerata” che preoccupa i politici di ogni tendenza.
In Europa, la Norvegia è l’unica ad avere imposto con una legge del 1995 di aumentare il numero delle donne ai vari stadi della carriera universitaria, anche riservando loro alcuni incarichi. “Non sono per le quote,” diceva l’economista Esther Duflo a proposito di quelle nei consigli di amministrazione. “Osservo solo che esiste una quota celeste del 90% e che le promozioni si basano sul sesso dei candidati, non sui loro meriti.”
Crediti immagine: E. Melotti/Jekyll