LA VOCE DEL MASTER – A Bologna è in corso, fino a domenica 13 aprile, la manifestazione La scienza in piazza. È una delle tante iniziative promosse dalla fondazione Golinelli, istituita oltre 25 anni fa dal filantropo modenese Marino Golinelli.
Questo elegante signore di 94 anni è proiettato verso il futuro e cerca di tenersi al passo con i tempi: in questi giorni sta imparando a usare Twitter. “Mia moglie si vuole tenere sempre aggiornata su queste cose. Io invece non ci capisco niente.”
Abbiamo intervistato Marino Golinelli all’interno dello spazio espositivo “Golosi, arte e scienza del gusto” nella sala d’Ercole di palazzo d’Accursio.
Nel novembre scorso, la fondazione Golinelli ha festeggiato 25 anni dalla sua nascita. Cosa l’ha spinta a crearla nel 1988?
L’idea di istituire la fondazione mi è venuta quando mi sono reso conto che avevo fatto fortuna. Negli anni, avevo investito in ricerca. A volte mi è andata bene e altre meno, ma grazie a quelle ricerche andate bene, oggi vendo i medicinali Alfa Wassermann in tutto il mondo. Ho fatto fortuna. Che cosa succede con la fortuna? La diamo a chi? La diamo ai figli. La diamo alle mogli. Ma facciamo anche delle opere di bene, che significa ridare alla società quello che la società ti ha dato. Oggi me la passo bene, ma cerco di fare anche qualcosa per gli altri, specialmente per i giovani.
In tutti questi anni avrà donato molti soldi alla fondazione Golinelli…
Beh, fino a oggi più o meno 40 milioni di euro.
40 milioni di euro?!
Non sono molti. La fondazione Golinelli segue il modello americano, ma è piccolissima in confronto alla fondazione di Bill Gates, tanto per dirne una. Ma ha la stessa struttura, che è diversa da quella delle fondazioni italiane perché è proiettata verso il futuro. Dopo il sottoscritto, la fondazione continuerà fino al 2050 e oltre.
Pensa che i suoi figli si dedicheranno alla fondazione Golinelli, dopo di lei?
I miei figli porteranno avanti la Alfa Wassermann che è un’azienda e che quindi deve produrre ricchezza. Produce farmaci nell’interesse di chi è ammalato e i miei figli continueranno a farlo, ma la fondazione è una cosa diversa.
Lei si definirebbe un mecenate?
No! Io sono un filantropo. Il mecenate è chi fa cose bellissime, ma legate al presente. Invece, la fondazione Golinelli ha come scopo il futuro dei giovani, dai 18 mesi in su. I giovani di oggi, quelli che hanno 10-15 anni, cosa faranno nel 2050 quando avranno 50-60 anni? Devono essere pronti per vivere come cittadini di un mondo globale.
È per loro, per i giovani che ha creato il Life Learning Centre e Start, il Laboratorio di Culture Creative qui a Bologna?
Sì. Credo che l’istruzione sia una cosa importante. La fondazione è come un’azienda che produce: deve fare profitto. Ma cosa vuol dire profitto? In questo caso non è danaro, bensì il know how che la fondazione dà ai giovani. Vorrei anche aggiungere che questo concetto di donare agli altri è quasi sempre recepito male dai colleghi, dalla società. Per esempio, quando vado a chiedere qualche contributo per i giovani, per le scuole mi dicono: “Ah, che bello, dottor Golinelli! Ma che belle cose intelligenti che dice.” Però quando chiedo un sostegno economico per portare avanti i miei progetti, la risposta è negativa nel 90% dei casi. Quindi, devo dire che non sempre ho un riscontro positivo dalla società e questo genere di comportamenti – lo dico in modo molto forte – deriva da una grave mancanza di cultura: non si sa cosa siano la responsabilità civile e il saper aiutare chi vuole fare qualcosa per i giovani.
Ha fondato la sua azienda farmaceutica, la Alfa Wassermann nel 1948: perché lo ha fatto?
L’idea dell’azienda nacque quando avevo 22 anni, quando ero ancora all’Università. Volevo fare qualcosa per curare chi soffre, gli ammalati, e quindi produrre medicinali, farmaci e così è nata l’avventura. Il 24 gennaio 1948, quando avevo solo 28 anni, ho fondato la prima start-up dell’Università di Bologna. Vorrei che il mio fosse un esempio per i tanti giovani che oggi si cimentano nell’imprenditoria. Possono farcela da soli. Si può iniziare anche con anche pochi danari, basta avere delle idee e un obiettivo ben preciso.
Si ricorda qual è stato il primo farmaco che ha prodotto?
Si capisce! Si chiamava Sitacoidina. Il suo nome deriva dalle parole greche sitos e oidos e significa “elemento essenziale del terreno”: si riferisce a quelli che sono i princìpi nutritivi contenuti nel grano, nel mais, nelle verdure. Con questo nome si intendevano quelle sostanze poi classificate come vitamine. Tutto ciò è in linea con il contesto in cui ci troviamo perché il tema di La scienza in piazza di quest’anno è proprio l’alimentazione.
Crediti immagine: Fondazione Marino Golinelli
Crediti video: Elena Baldi (riprese e montaggio), Maria Cristina Baldi (riprese) e Fondazione Marino Golinelli