SALUTE – Come ogni anno, puntuale, torna la sonnolenza del cambio di stagione, accompagnata dai forse ancora più fastidiosi luoghi comuni o commenti “da bar” su ritmi circadiani, sonno-veglia e qualità del sonno. Insieme alla tavola, il letto sembra infatti un altro dei temi più popolari nella scienza della vita quotidiana. Il sonno occupa una buona parte della nostra vita e – se di scarsa qualità – può portare a problemi nella gestione delle nostre giornate, nel lavoro, nelle relazioni sociali diurne, fino a sfociare in vere e proprie patologie. Esistono sul mercato numerose App che promettono di monitorare come dormiamo, con lo scopo di far suonare la sveglia solo quando il sonno è lieve, evitando quei bruschi risvegli che lasciano intorpiditi. Ma funzioneranno? Per capire l’utilità reale di queste App e le diversità tra l’una e l’altra abbiamo intervistato Gianluca Rossato, medico specializzato nei disturbi del sonno, responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale Sacro Cuore (Negrar, VR) e ideatore del sito InFormaSonno.
Abbiamo provato la App Sleep as Android, ne esistono diverse. Funzionano?
Purtroppo direi di No. Le App che funzionano solo con lo smartphone, obbligando la persona a tenerlo sotto il cuscino o sul comodino accanto, non sono indicate per monitorare il proprio sonno proprio perché in realtà lo disturbano. Tenere il cellulare acceso accanto alla testa è controproducente, anche se in modalità aereo: anche se si disattiva il WiFi, resta comunque in funzione l’orologio, e lo schermo continua a essere attivo. Esistono però altri sistemi più efficaci per registrare la qualità del sonno.
Quali sono i meccanismi che permettono a uno smartphone di capire come si dorme?
Possono sfruttare sistemi acustici che analizzano il respiro, i rumori, i russamenti nel corso della notte. Queste App hanno il problema del rumore ambientale che falsa i risultati. L’accelerometro interno allo smartphone registra invece i movimenti che compie una persona mentre dorme, considerando l’immobilità come sonno (profondo). Anche in questo caso esistono dei problemi: se il cellulare è lontano si perdono informazioni, mentre vicino altera il sonno stesso. Esistono sistemi che uniscono entrambi i meccanismi di analisi, aumentando quindi la precisione. Le App che funzionano meglio sono quelle che utilizzano un braccialetto.
Come funzionano?
Si applica al polso un dispositivo simile a un orologio o braccialetto che registra i movimenti (e rumori) con più precisione, ma senza interferenze: si attacca allo smartphone solo la mattina, da svegli. Questi braccialetti commerciali sono stati provati anche da me, confrontandoli con le strumentazioni simili, ma professionali e più precise, che utilizziamo in Ospedale e ho notato una certa sovrapponibilità dei risultati ottenuti. Dal punto di vista medico si chiama actigrafo, e si basa sulla registrazione dei movimenti diurni e notturni.
Quali informazioni possiamo ottenere dai sistemi “da polso”?
Si può misurare l’alternanza sonno/veglia e quindi la qualità del nostro sonno. Queste sono le informazioni di base, che anche le App più scarse promettono di offrire. Non è possibile invece sapere quando si è in fase REM: nemmeno i nostri strumenti ci riescono, in quel caso è necessario registrare gli impulsi nervosi, attraverso un elettroencefalogramma.
Quali sono le caratteristiche del sonno di buona qualità?
Il sonno deve essere stabile, con pochi micro-risvegli. Le fasi del sonno sono 4: leggero (fase 1 non-REM), che occupa il 5-10% del totale ed è la fase in cui ci si addormenta, il sonno medio (fase 2) che occupa il 40% del sonno, quello profondo o fase 3 (35%) e infine quello REM 15-20%. Nelle fasi 2-3 si possono avere dei micro-risvegli, che influenzano la qualità del riposo. Più ce ne sono e meno si avrà la sensazione di aver riposato davvero, pur dormendo magari le otto ore classiche.
Come si valuta la qualità del sonno, in modo professionale?
Si tratta di una valutazione che richiede strumenti complessi: per questo ci tengo a sottolineare che le App più semplici offrono solo informazioni presuntive e ipotetiche. Uno di questi esami è la polisonnografia. In questo caso si effettua un elettroencefalogramma, si misura il tono muscolare e i movimenti oculari. L’actigrafo invece, come abbiamo già detto, è paragonabile alla App associata al braccialetto. L’unica differenza è nel tipo di output che restituisce la macchina: si tratta di un tracciato che i medici devono interpretare, mentre l’algoritmo della App fa tutto da solo, ma senza la possibilità di controllare i dati.
Qual è l’utilità di avere queste informazioni sul proprio sonno?
Non abbiamo idea di quante ore dormiamo, nessuno si accorge della quantità e qualità del proprio sonno. Eppure è un aspetto importante dal quale dipende l’attività diurna e quindi la qualità della nostra stessa vita. Come se non bastasse è una parte della nostra giornata sulla quale non abbiamo modo di dire quasi nulla, non la controlliamo e non conosciamo niente: sappiamo per esempio se russiamo e parliamo nel sonno solo se c’è un’altra persona a farcelo notare. Questi strumenti sono spesso legati ad altre App dedicate all’alimentazione. Si sa infatti che meno si dorme e più si tende ad assumere cibo. Unendo questi due aspetti e tracciando un quadro delle caratteristiche del sonno e dell’alimentazione è possibile migliorare la qualità della vita grazie alla comprensione di errori e cattive abitudini.
La quantità di sonno necessaria è soggettiva …
Sì, esistono dei valori indicativi: l’adulto in media dorme dalle sei ore alle otto ore. Ma esistono persone a cui bastano cinque ore di sonno e altre che invece hanno bisogno di dodici ore di sonno per sentirsi bene.
Come si può capire di quanto sonno abbiamo bisogno?
Un semplice test permette di avere informazioni sul proprio ritmo sonno-veglia. In pratica si va a dormire sempre alla stessa ora e ci si sveglia autonomamente senza sveglie di nessun tipo. In questo modo, dopo qualche giorno, il nostro organismo trova il suo equilibrio e scopriamo anche di quante ore di sonno abbiamo bisogno.
Esistono delle differenze negli orari scelti?
Esistono gli ipnotipi: c’è chi preferisce andare a dormire presto e svegliarsi presto – ossia l’ipnotipo allodola – e chi invece starebbe sveglio fino a tardi per proseguire il suo sonno durante la mattina, come il gufo. Di solito a questa seconda categoria appartengono soprattutto i giovani. Esistono però anche persone con alcune forme patologiche nelle quali questi comportamenti sono esasperati, uscendo dalle fasce stabilite dall’alternanza buio-luce sulle quali si basano i ritmi circadiani.
Le App ti promettono di svegliarti nella fase di sonno lieve, ha senso?
Se funzionassero avrebbe senso perché svegliarsi in fase di sonno leggero o in uscita dal REM significa che il cervello è già parzialmente attivo. Al contrario se ci si sveglia nel sonno profondo, e di solito accade a causa di un fattore esterno, come la sveglia che suona, la sensazione è anche in questo caso di profondo stordimento e difficoltà a carburare.
Come interagisce con il sonno l’attività fisica?
L’attività fisica migliora il sonno, ma deve essere interrotta almeno 4 ore prima di dormire. Questo perché la temperatura corporea interna deve essere bassa per favorire il riposo: la sera e la notte la temperatura corporea si riduce rispetto al giorno.
Immagine: Public Domain Pictures, Pixabay