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Il primo canale vaginale biotech

dn25399-1_300RICERCA – L’ingegneria dei tessuti ha raggiunto un altro affascinante traguardo: per la prima volta sono stati trapiantati con successo in quattro donne dei canali vaginali completamente ottenuti in laboratorio a partire da cellule provenienti delle pazienti stesse. Lo studio pilota, descritto su The Lancet, è stato condotto da Anthony Atala della Wake Forest School of Medicine, nel North Carolina.

Atala e colleghi, che hanno iniziato a lavorare a questa tecnica negli anni ’90, hanno pubblicato i risultati dopo quattro anni dall’ultimo trapianto (in alcuni casi ne sono passati ben otto) per poter monitorare l’evolversi dei risultati a lungo termine. E i risultati sono davvero promettenti.

L’alterato sviluppo dell’apparato genitale delle pazienti che si sono sottoposte all’intervento è dovuto alla sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser, una rara patologia congenita dal nome tanto complesso quanto spietate sono le sue conseguenze: le donne che ne sono affette, pur avendo degli organi genitali esterni normali, mancano in alcuni casi del canale vaginale e dell’utero, con terribili conseguenze sulla vita sessuale e sulla capacità riproduttiva.

Per ricostruire l’organo (qui il video del procedimento) i ricercatori hanno prelevato un piccolo campione bioptico dalla vulva e coltivato in laboratorio le cellule epiteliali e muscolari che ne sono derivate. Un numero sufficiente di cellule è stato poi deposito in un’impalcatura di collagene, biodegradabile e adattata all’anatomia di ogni paziente. Dopo un periodo di “maturazione” in laboratorio l’organo artificiale è stato trapiantato nelle donne che, all’epoca dell’intervento, avevano un’età compresa tra i 13 e i 18 anni. A sei mesi dall’intervento il canale vaginale si era completamente sviluppato.  Il follow up a lungo termine (8 anni in alcuni casi) ha escluso effetti collaterali e dimostrato la perfetta integrazione tra l’organo artificiale e il resto del corpo. Ma non è tutto. Le donne trapiantate possono condurre una normale vita sessuale e due di loro, che hanno un utero funzionante, potrebbero anche affrontare una gravidanza. Una di loro, intervistata dal New Scientist, si definisce “molto fortunata e completamente soddisfatta” perchè condurrà una vita normale nonostante la malattia.

Il prossimo obiettivo auspicato da Atala sarà quello di applicare questa tecnica anche per ricostruire gli organi genitali  danneggiati a causa di un trauma o di un cancro.

 Crediti immagine: Wake Forest Institute for Regenerative Medicine

 

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