APPROFONDIMENTO – “Recursive Fury”, l’analisi delle reazioni suscitate in rete da un articolo degli stessi autori su opinioni controfattuali o infondate in materia di scienza è stato ritrattato dalla rivista Frontiers in Psychology per via di un “contesto legale” poco chiaro. Non è bastato a placare la furia ricorsiva.
Riassunto delle puntate precedenti.
Nel 2012 usciva su Psychological Science, “NASA faked the moon landing, therefore (climate) science is a hoax” degli psicologi Stefan Lewandowsky, Klaus Oberauer e Gilles Gignac. Si tratta di uno studio come tanti sulla dissonanza cognitiva accompagnata da “ideazione cospirazionista”. Si pensi al complotto mondiale per nascondere la verità sui vaccini al mercurio che causano l’autismo e sui reattori a fusione fredda che producono 400 volte l’energia che consumano. Nelle risposte a un questionario pubblicato on line, gli autori identificavano analogie e differenze nelle opinioni di chi sostiene che nessuno ha mai messo piede sulla Luna e chi nega i cambiamenti climatici in corso e il loro impatto o il legame tra HIV e AIDS .
Gli autori sono stati immediatamente accusati di complotti, falsificazioni e nefandezze varie sui blog propri e altrui, sono arrivate denunce alla rivista e all’Università del Western Australia dove lavorava Lewandowsky. La ricorsività era troppo evidente per farsela sfuggire e per un mese e mezzo, Lewandowsky e Oberauer, ai quali si erano aggiunti John Cook e Michael Marriott-Hubble, hanno raccolto i commenti in rete, li hanno analizzati con il metodo standard (si veda per esempio i lavori del centro di Yale sulla “cognizione culturale”) e nel marzo 2013, Fontiers in Psychology lo pubblicava on line. Un mese dopo, lo ritirava senza spiegazioni ma restava e resta tuttora sul sito dell’università del Western Australia e di Zurigo, su PubMed e sull’analogo archivio europeo.
Fine del riassunto.
Il 23 marzo scorso, dopo lunghe consultazioni tra i legali dell’editore e degli autori, la rivista pubblicava una ritrattazione. Alle poche denunce era seguita un’indagine sugli aspetti accademici, etici e legali dell’articolo. Non erano stati trovati problemi accademici ed etici, bensì
un contesto legale insufficientemente chiaro… Gli autori capiscono tale decisione, mentre confermano il proprio articolo e deplorano le limitazioni alla libertà accademica che possono essere causate da fattori legali.
(I fattori legali erano le querele minacciate dai gestori di blog specializzati in ideazioni cospirazioniste e diffamazioni dei ricercatori.) A sorpresa, la direttrice editoriale e il direttore generale della casa editrice smentivano la ritrattazione:
Frontiers ha concluso che… l’articolo non protegge a sufficienza i diritti dei soggetti studiati. Nello specifico, categorizza il comportamento di individui identificabili nel contesto di caratteristiche psicopatologiche. Frontiers ha informato gli autori delle conclusioni della propria indagine e lavorato con gli autori in buona fede, fornendo loro l’opportunità di sottoporre un nuovo articolo che risolvesse i problemi identificati e potesse essere pubblicato insieme alla ritrattazione.
Gli autori si sono detti d’accordo, e hanno sottoposto un articolo sostanzialmente simile all’originale che non risolveva adeguatamente i problemi sollevati da Frontiers.
I direttori non hanno letto “Recursive Fury”: identifica idee sbagliate (“controfattuali”) e come vengono giustificate, non diagnostica psicopatologie. L’ideazione cospirazionista non è una malattia mentale. Le cospirazioni esistono e chi non ha mai avuto certe idee in proposito, alzi la mano. Inoltre gli individui hanno messo le proprie idee liberamente sui blog propri e altrui: sono dati pubblici che tutti possono usare citandone la fonte.
Una settimana dopo quel “chiarimento” Henry Markram ha fatto conoscere le proprie “opinioni“. Oltre ad aver fondato Frontiers e ad aver chiesto il brevetto del sistema informatico e aziendale che utilizza, è il presidente della fondazione che raccoglie fondi per la casa editrice. Inoltre è un neuroscienziato (giustamente famoso) al Politecnico di Losanna, dove dirige il Centro di neuroscienze e tecnologia e il progetto di ricerca Blue Brain, molto controverso, per simulare in silico il cervello umano e per il quale ha ricevuto un miliardo di euro dalla Commissione Europea e un supercomputer Blue Gene dal governo svizzero.
Impegnato com’è, ignora quanto accade nella casa editrice, in psicologia cognitiva, in climatologia e nel mondo in generale
Gli autori dell’articolo ritrattato e i loro seguaci stanno facendo un tragico disservizio alla crisi del cambiamento climatico, attaccando personalmente la gente e dicendo che è eticamente ok identificarla in uno studio scientifico. Hanno fatto un errore monumentale, rifiutando di correggerlo e squalificando giustamente il proprio studio. Il pianeta è sull’orlo del precipizio, l’evidenza scientifica sul cambiamento climatico è ben aldilà di un dibattito, a mio avviso. Perché mai dibattere con i bastian contrari? Se gli scienziati ritengono che ci sia un dibattito, perché non dibatterne scientificamente? Perché aiutare gli struzzi della società (ce ne sono sempre) a tenere la testa nella sabbia? Perché non concentrarsi ancora di più sulla scienza del cambiamento climatico? Perché non sviluppare scenari potenziali perché la società possa prepararsi? Non è quello che gli scienziati fanno? Qualcuno crede davvero che un linciaggio pubblico contribuirà a far progredire qualcosa?
Gli deve essere sfuggito il linciaggio pubblico fatto subire agli scienziati che si “concentrano sulla scienza del cambiamento climatico” e “sviluppano scenari potenziali”, dalla prima testimonianza di James Hansen davanti al Congresso americano nel 1988 in poi.
La posizione di Frontiers ha suscitato le dimissioni di tre capo-redattori, la protesta delle università, dell’Associazione australiana di psicologia e dell’Union of Concerned Scientists. Le opinioni del suo fondatore hanno suscitato una furia ri-ricorsiva.
Non sono una seguace degli autori, semmai dell’editoria in open access. Frontiers aveva dei “principi”, ma li ha abbandonati contro il parere dei propri revisori, esperti legali, e dei comitati etici. Trovo anche un po’ inquietante che il responsabile di un grande progetto europeo s’immischi di faccende non sue, attribuisca ad altri colpe che non hanno e racconti frottole su una vicenda di cui ogni tappa è di pubblico dominio.
Crediti immagine: Frontiers