AMBIENTE – Abbattere la percentuale di nitrati da agro-zootecnia recuperando biogas e fertilizzanti derivanti dagli effluenti di allevamento e scarti agro-alimentari tramite un impianto attento agli aspetti della sostenibilità tecnica, economica ed ambientale: questi gli obiettivi dell’asse Italia-Cipro nell’ambito del progetto Life Livewaste, un’iniziativa europea nata con l’obiettivo di promuovere la governance delle tecnologie ambientali e mostrare l’effettiva praticabilità delle politiche europee a livello dei singoli stati membri. L’Italia partecipa attivamente a questo progetto attraverso l’Università di Verona, in particolare grazie a un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biotecnologie.
L’allevamento intensivo ha notevolmente influenzato l’uso del letame per ammendare il suolo, provocando l’accumulo di macro-nutrienti quali azoto, fosforo e potassio, oltre a metalli pesanti, in particolare rame e zinco, aumentando di conseguenza il rischio di inquinamento idrico e atmosferico. La zootecnia è inoltre fonte di rilascio di sostanze odorose come ammoniaca e di emissioni di gas serra (GHGs) come metano e protossido di azoto. In particolare le emissioni di metano potrebbero essere ridotte adottando pratiche di gestione del letame o di trattamento del biogas più efficaci. “Da queste premesse è nato a Cipro il progetto Life Livewaste, a cui partecipiamo insieme a un team spagnolo dell’Università di Santiago de Compostela e uno greco del Politecnico di Atene, oltre a un’azienda privata cipriota leader nel campo, la Animalia Genetics Ltd, che ogni anno tratta circa 30mila tonnellate di scarti agroalimentari” racconta Francesco Fatone, ricercatore presso l’Ateneo veronese. Ma perché proprio Cipro? La gestione dei reflui zootecnici a Cipro è particolarmente importante per la grande quantità di allevamenti diffusi sul territorio e la vulnerabilità delle falde acquifere e degli ecosistemi. Tuttavia le pratiche di gestione ambientale in questo territorio, come in altre zone d’Europa, sono spesso lontane dagli standard a cui tendono le direttive europee. La sfida per Cipro è dunque quella di collegare la gestione degli effluenti zootecnici, e dunque il loro trattamento, ai piani nazionali di produzione alimentare, in modo che i benefici della gestione del letame riescano a compensare i costi economici per l’agricoltore.
“La riduzione della concentrazione dei nitrati è regolamentata a livello europeo – spiega Fatone – dalla Direttiva Nitrati 91/676/CEE che ha dettato i principi fondamentali a cui si è dovuta uniformare la successiva normativa nazionale per proteggere le falde acquifere dall’inquinamento da nitrati. Questo ha portato con sé ovviamente importanti conseguenze anche sulle modalità di trattamento degli effluenti zootecnici e agroalimentari, e ha promosso progetti per l’innovazione tecnologica negli impianti di trattamento e recupero. Da qui progetti come Life Livewaste.” La direttiva ha previsto infatti da un lato la l’individuazione delle Zone Vulnerabili da Nitrati” di origine agricola (ZVN), nelle quali cioè vige una soglia stringente di spargimento dei effluenti degli allevamenti e di quelli provenienti dalle piccole aziende agroalimentari; dall’altro una regolamentazione rispetto all’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e dei reflui aziendali, con definizione di Programmi d’Azione che stabiliscano le modalità con cui tali spandimenti possono essere effettuati.
“È ovviamente Cipro a coordinare il progetto, ma ogni partner ha messo in campo il proprio know how – continua Fatone – e nel nostro caso si è trattato di un ruolo chiave, ovvero la progettazione e la realizzazione dell’impianto qui in Italia, che una volta pronto verrà trasferito a Cipro per l’avviamento ed esercizio a regime, e speriamo che sia solo l’inizio di una serie di impianti all’avanguardia in tutta Europa.” Uno degli obiettivi del progetto europeo è infatti la la replicabilità della tecnica innovative in altre località europee che hanno problematiche ambientali simili.
“Un ulteriore aspetto su cui ci siamo concentrati – prosegue Fatone – riguarda le emissioni di gas serra, in particolare la possibilità di ridurre la concentrazione di ossidi di azoto, il cui potenziale serra è circa 300 volte più elevato rispetto alla CO2. Non solo dunque una tecnologia per trattare gli effluenti agro-zootecnici per salvaguardare lo scarico liquido, ma attenzione all’impatto sui cambiamenti climatici e al recupero di risorse solide e non rinnovabili come il fosforo, e liquide.”
Le premesse e le prospettive dunque sembrano più che buone, anche perché il budget non è certo basso: 2 milioni di euro, la metà dei quali finanziati dalla Comunità Europea nell’ambito del programma Life mentre il restante 50% è dato dalla valorizzazione del lavoro degli stessi ricercatori e tecnici del partenariato. “L’intero progetto durerà tre anni e siamo perfettamente in linea con la tabella di marcia” conclude Fatone. “Siamo nella fase di progettazione definitiva ed entro l’autunno si avvierà la costruzione dell’impianto in Italia, nel 2015 si procederà all’avviamento e nel 2016 tutti i nostri sforzi dovrebbero trovare finalmente un coronamento attraverso la validazione della sostenibilità tecnica, economica ed ambientale dell’intero sistema.”
Crediti immagine: mikecogh, Flickr
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