CULTURA – Che cos’è il progresso? Attorno a questa domanda si sviluppa il documentario canadese Surviving Progress di Mathieu Roy e Harold Crooks.
Basato sul best-seller di Ronald Wright, A Short History of Progress, il documentario ci guida attraverso una rassegna delle principali “trappole del progresso” che la nostra civiltà affronta nei campi della tecnologia, dell’economia, dei consumi e dell’ambiente.
Il progresso tecnologico, lo sviluppo economico e l’aumento della popolazione sono davvero degli indicatori di prosperità? Bisognerebbe prima di tutto fare una distinzione tra good progress e bad progress ma il confine sembra molto sottile.
Chi studia il fenomeno dell’apprendimento, ha riconosciuto nel porsi la domanda “Perché?” la differenza fondamentale tra le scimmie e l’uomo ed è per questo che la civiltà umana è progredita tanto soprattutto in questi ultimi due secoli in vari settori: dalla medicina all’informatica, dalla fisica all’ingegneria, passando per la chimica e le neuroscienze e tanto altro ancora.
Ma Jane Goodall etologa e antropologa britannica (nominata da Kofi Annan nell’aprile 2002, Messaggero di Pace delle Nazioni Unite), che ha dedicato quarant’anni di ricerca alla vita sociale e familiare degli scimpanzé, si chiede “ma allora perché mai tanta distruzione del pianeta? Perché siamo arrivati a questo punto di crisi mondiale non solo ambientale ma anche sociale?”.
Inizia così un viaggio in varie parti del mondo, attraverso interviste con esperti di problematiche ambientali, di dinamiche di popolazione, di economia e scienze sociali, per capire qual è l’idea, se ne esiste veramente una, di progresso. Siamo a un punto di crisi perché fino ad adesso abbiamo inseguito un modello trainato dal profitto che come riferimento ha avuto esclusivamente il PIL? Che ruolo hanno il mercato e le grandi banche in tutto questo? Il debito economico sta soffocando molti paesi in via di sviluppo, ne determina e giustifica, sfruttamento di risorse e crisi sociali, ma da dove parte storicamente il debito?
L’Overshoot day (calcolato dal Global Footprint Network, è il giorno in cui la popolazione mondiale esaurisce le risorse naturali disponibili per l’anno) per il 2013 cadeva il 20 agosto, nel 1993 era il 21 ottobre, nel 2003 il 22 settembre, nel 2010 il 21 agosto. Ogni anno l’Overshoot day arriva prima e si capiscono due cose: abbiamo bisogno delle risorse, ne stiamo consumando troppe e troppo in fretta.
Quali sono allora le soluzioni? Potremmo conquistare nuovi pianeti con altre risorse da sfruttare o affidarci alla genetica come propone Craig Venter biologo statunitense, noto per aver sfidato l’Human Genome Project nella corsa al sequenziamento del genoma che parla della biologia sintetica per creare alghe capaci di produrre energia magari trasformando terre desertiche in bacini produttivi. Ma a rispondere è il ministro dell’ambiente del Brasile Marina Silva che dice “Non è un problema di tecnica, è un problema di etica”. A confermare le perplessità verso la soluzione tecnica è anche Vaclav Smil, scienziato ambientale ceco-canadese che parla della riscoperta di una scala di valori per la comunità nella quale il porsi dei limiti dovrebbe essere un punto fondamentale e non motivo di frustrazione.
Possiamo dire che “le scimmie intelligenti hanno fallito il loro esperimento?”, altra domanda cruciale del documentario di Mathieu Roy e Harold Crooks. Potremmo rispondere di no. Ma dobbiamo definire che idea di vita e quindi di progresso vogliamo, a partire dalle nostre scuole, dal posto di lavoro, da casa nostra, dalla nostra città e il nostro paese. Chiediamoci allora, come suggerisce Jane Goodall “il perché di quello che accade attorno a noi”.
Perché ogni giorno arriva sulla terra una quantità di energia solare migliaia di volte superiore all’intero fabbisogno energetico mondiale e non la sfruttiamo a pieno? Perché viaggiamo con automobili con tecnologie di duecento anni fa che sprecano energia da tutte le parti? Perché scegliamo l’acqua minerale in bottiglie di plastica quando l’acqua di rubinetto è buona da bere? Perché facciamo fatica a recuperare veramente i rifiuti che si accumulano giorno dopo giorno? Perché continuiamo a sprecare un terzo del cibo che produciamo?
Forse, interpretando il messaggio di Surviving Progress, il progresso parte dai nostri valori, da quello che scegliamo di mettere al primo posto, per inseguire un’idea di vita, di città, di scuola, di mondo che ci piace e che non può, e non deve, essere misurata esclusivamente in base ai soldi.
Un documentario che purtroppo in Italia è stato visto pochissimo e che, forse più di altre pellicole del cinema ambientale, è capace di avvicinarsi a quella che è probabilmente la chiave di volta per una società davvero sostenibile, ovvero chiedersi quali sono i modelli di sviluppo che vogliamo seguire e perché.
E a proposito di documentari, dal 31 maggio al 5 giugno ritorna a Torino Cinemambiente, il più importante festival di cinema dedicato alla salvaguardia del Pianeta e a questo punto, non resta che aspettare le prossime novità cinematografiche.
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