SPECIALI GIUGNO – “Mia madre mi ha insegnato a usare le apparecchiature, le quali non assomigliavano granché agli strumenti perfezionati in uso attualmente,e mi portò con sé come operatrice in molte delle sue spedizioni, tra il novembre 1914 e il marzo 1915. […] Mia madre non dubitava delle mie capacità più di quanto non dubitasse delle sue e mi lasciò sola, a 18 anni, con la responsabilità del servizio di radiografia in un ospedale anglo-belga a pochi chilometri dal fronte, presso Ypres, con il compito improbo, per giunta, di insegnare i metodi di localizzazione a un medico militare belga nemico delle più elementari nozioni di geometria.”
Queste poche frasi scritte da Irène Curie, raccontano molto di quello che la madre Marie rappresentò per i soldati al fronte durante il primo conflitto mondiale. Uno dei rari casi in cui l’avanzamento scientifico di un’epoca si traduce in aiuto, benessere, oltre che in volontà di potenza.
Nel 1914 infatti, poco dopo l’inizio della Grande Guerra, Maria Skłodowska vedova Curie, allora 47 enne, insignita tre anni prima del premio Nobel per la chimica, fonda e gestisce il primo servizio di radiologia per i soldati al fronte. Un semplice e rudimentale apparecchio collocato su una piccola vettura, chiamata in suo onore Petite Marie Curie, per visitare i soldati nei fatiscenti ospedali da campo.
“Sono decisa a mettere tutte le mie forze al servizio del mio paese di adozione, visto che non posso fare niente per il mio sfortunato paese natale” scrisse all’amico Paul Langevin all’inizio del 1915.
Sono tre le bombe tedesche che nel settembre del 1914 cadono sulla città di Parigi, dove Marie lavora. Con l’aprirsi delle ostilità tra Francia e Germania il governo francese decide di stabilirsi a Bordeaux e l’intero approvvigionamento di radio rimasto in tutta Parigi si riduceva a un solo grammo ed era raccolto nel laboratorio parigino della Curie. Leggenda vuole che all’inizio dell’autunno 1914 solo due persone fossero rimaste presso l’Istituto: il meccanico, esentato dall’esercito per un problema al cuore, e lei, Marie.
Nel1895 Wilhelm Conrad Röntgen aveva scoperto l’esistenza dei raggi X e l’anno successivo Antoine Henri Becquerel, scoprì la radioattività naturale dell’uranio. Per Marie Curie e il marito Pierre quelli sono gli anni scientificamente più fecondi, e spiccano i loro studi sulla radioattività del radio e del polonio. Quando scoppia la guerra dunque, la Curie è la studiosa più eminente circa le applicazioni del radio in medicina e per questo su invito del Governo francese, Marie dovette trasportare segretamente ciò che rimaneva del prezioso elemento a Bordeaux.
Con l’esplodere del conflitto però, la Curie si rese ben presto conto che le sue recenti scoperte sulle applicazioni della radioattività potevano rivelarsi utilissime al fronte, per aiutare i medici nelle difficili operazioni di estrazione delle pallottole dai corpi dei soldati o per sistemare eventuali ossa rotte.
Dopo aver recuperato il suo grammo di radio rimasto a Bordeaux, in meno di un mese convinse il governo a istituire i primi servizi di radiologia mai utilizzati prima in guerra, e già verso la fine di ottobre 1914 la Francia metteva a disposizione il primo dei 20 veicoli che dovevano servire gli ospedali militari al fronte.
In realtà, sebbene Marie avesse passato gli ultimi anni a studiare la radioattività e i raggi X, le sue competenze erano assai teoriche, lontane dalla prassi medica. Si mise dunque a studiare l’anatomia sul campo e si circondò ben presto di due figure che si rivelarono fondamentali: si fece accompagnare da un medico militare e come assistente radiologico scelse proprio la figlia Irene, allora 17 enne. Con il trascorrere dei mesi però, Marie si rese ben presto conto che vi era bisogno di più personale e più qualificato, e per questo motivo nel 1916 cominciò a formare altre donne come assistenti radiologiche, offrendo corsi in tecniche necessarie presso il suo laboratorio al Radium Institute, a Parigi.
L’innovazione portata dalla Curie riguardava anche la tecnica utilizzata per raccogliere il radio: una tecnologia allora pionieristica provata a Dublino che faceva uso di una pompa elettrica per raccogliere il gas a intervalli di 48 ore. Il radio veniva poi sigillato in tubi di vetro sottili circa un centimetro di lunghezza, che venivano consegnati agli ospedali militari e civili al fronte. In questo modo i medici potevano posizionare la sostanza direttamente all’interno corpi dei pazienti, nel punto esatto dove la radiazione sarebbe stata più efficace.
Il suo lavoro non terminò però con l’esaurirsi del conflitto nel novembre 1918. I lavori di Marie continuarono per quasi un anno: durante la primavera del 1919 infatti offrì corsi di radiologia a un gruppo di soldati americani che erano rimasti in Francia, in attesa di rientrare in patria.
“La storia di radiologia in guerra – scriverà nel suo libro Radiology in War del 1919 – offre un esempio lampante della grandezza insospettata che l’applicazione delle scoperte puramente scientifiche può portare in determinate condizioni.”
Quello che è certo è che senza l’acume di Marie Curie, la storia di molte famiglie, prima ancora della Grande Storia, sarebbe stata differente.
Immagine: Marie Curie – Mobile X-Ray-Unit