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Aspettativa di vita: la guerra ha tolto sei anni ai siriani

Lo dice uno studio del Global Burden of Diseases Study pubblicato su Lancet Global Health: tra l'inizio della Primavera araba nel 2010 e il 2013, l'aspettativa di vita è passata da 75 a 69 anni

ESTERI – “I recenti conflitti hanno distrutto le infrastrutture di base di diversi Paesi. Il risultato di questa situazione è che milioni di persone ora devono affrontare scarsità di acqua e un difficile accesso a servizi igenici, fattori alla base di epidemie“. Parole di Ali Mokdad, professore di salute globale all’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) della Washington University di Seattle (USA) e coordinatore dello studio del Global Burden of Disease Study pubblicato su Lancet Global Health. A pagare il conto più salato sono i siriani, a cui la guerra che è ancora in corso nel Paese ha accorciato l’aspettativa di vita di sei anni.

I paesi coinvolti nello studio del Global Burden of Disease e il dettaglio dell'aspettativa di vita in Siria (Immagine: Institute for Health Metrics and Evaluation)
I Paesi coinvolti nello studio del Global Burden of Disease e il dettaglio dell’aspettativa di vita in Siria (Immagine: Institute for Health Metrics and Evaluation)

Lo studio ha confrontato una serie di indicatori in 22 Paesi dell’area orientale del Mediterraneo e dell’Africa settentrionale. Si tratta dei Paesi in cui tra la fine del 2010 e il 2011 si è sviluppata la cosiddetta Primavera araba, una serie di sommosse e proteste che hanno avuto come obiettivo principale la sostituzione dei governi autoritari dell’area con regimi democratici. Gli effetti sono stati variegati e nel caso della Siria la situazione è di una guerra ancora in corso. Confrontando i dati del 2010, relativi a un analogo studio, e quelli più recenti a disposizione (2013), i ricercatori hanno potuto constatare che l’aspettativa di vita è calata di tre mesi in Yemen, Tunisia ed Egitto.

“Il calo dell’aspettativa di vita è solitamente considerato un segno che il sistema sanitario e quello sociale stanno fallendo”, ha dichiarato Mokdad, “e il fatto che stia avvenendo in diversi Paesi indica che c’è un immediato bisogno di investimenti nei rispettivi sistemi sanitari”. Si tratta, semplificando, del grado zero di infrastruttura sanitaria, dove la scarsità di acqua pulita, un peggioramento delle condizioni igieniche generali, unite a un’alimentazione più povera e a volte insufficiente, diventano fattori determinanti per la vita tanto quanto le pallottole e le bombe. Si tratta, a ben guardare, degli stessi elementi presi in considerazione, tra l’altro, dal programma Water and Sanitation for All delle Nazioni Unite.

Il gruppo di ricercatori del Global Burden of Disease si dice preoccupato non solamente per i risvolti immediati della situazione di guerra sulla salute, ma per gli effetti a lungo termine. Molti dei miglioramenti dei sistemi sanitari e della salute pubblica ottenuti da questi 22 Paesi nei decenni passati sono ora a rischio di rallentare o, nel caso della Siria, di venire messi seriamente a rischio. Per esempio, oggi sappiamo che il tasso di mortalità infantile è in crescita in alcuni di questi Paesi, mettendo a repentaglio le generazioni future. In Siria, la mortalità infantile è passata dal 6,0% del 2010 al 9,1% del 2013.

L’altro aspetto che preoccupa è l’aumento della diffusione della malattie croniche. “Insieme all’aumento dell’età media della popolazione, i conflitti in corso hanno fatto decisamente aumentare il peso della malattie croniche e degli infortuni, oltre al fatto che molti addetti alla salute sono dovuti scappare in luoghi più sicuri”, sottolinea Mokdad. “Il risultato è un peggioramento delle condizioni generali di salute di molti Paesi per molti anni a venire e una ulteriore pressione su un insieme già scarso di risorse”. Dati e considerazioni, se ce ne fosse bisogno, che dimostrano ancora una volta l’assurdità della guerra.

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Marco Boscolo
Science writer, datajournalist, music lover e divoratore di libri e fumetti datajournalism.it