SPECIALE LUGLIO – Problemi motori, sensoriali, cognitivi o di salute (come la celiachia o un’allergia ), o una condizione fisiologica come l’anzianità devono impedire di trascorrere piacevoli vacanze?
Secondo il documento “Make it accessible”, il Libro bianco redatto nel 2013 per rendere il turismo italiano possibile per tutti “Il diritto di ciascuno, di essere un turista non deve dipendere dall’obbligo legale […]”, cioè l’accessibilità deve divenire un fatto culturale dell’Italia, scritto nel nostro DNA di popolo ospitale e non può essere solo imposto per legge.
Di fatto però la mancanza di questa supervisione statale si sente. Infatti gran parte delle attività di sensibilizzazione e di informazione, e le modifiche apportate in città e luoghi di vacanza partono dall’associazionismo e dalle amministrazioni locali: a oggi non esiste ancora una pianificazione sistematica nel nostro paese, e quello che manca soprattutto è un’informazione adeguata e un coordinamento nazionale per questo tipo di turismo.
“In zone come la Spagna o i Paesi del Nord i servizi per i disabili sono più evoluti e diffusi uniformemente lungo gli itinerari, nei mezzi di trasporto e negli alberghi” ha spiegato Stefano Paolicchi, presidente dell’associazione Handy Superabile che si propone di provare e controllare strutture dichiarate adatte a ospitare persone diversamente abili per dare poi indicazioni oggettive, credibili e attendibili a chi vuole raggiungere un luogo di vacanza con la certezza di trovare i servizi adeguati alle proprie esigenze.
“In Italia”, ha continuato Paolicchi, “manca il controllo di tutta la fiiera: non basta il ristorante o l’albergo accessibile. Una persona disabile deve essere certo di poter raggiungere il luogo con mezzi adeguati e deve poter godere delle bellezze del luogo visitato, con percorsi turistici accessibili”. Ad oggi Handy sostenibilie ha testato e recensito 130 strutture ricettive e 40 itinerari accessibili ai diversamente abili.
Ma quante sono le persone affette da disabilità?
Secondo l’ultimo rapporto sulla disabilità della WHO, pubblicato nel 2011, le persone con disabilità nel mondo sono un miliardo, il 15% della popolazione mondiale. Di questi la maggioranza ha problemi motori, seguita da persone affette da stati dolorosi cronici che limitano il movimento.
In Europa, le persone che hanno difficoltà a portare a termine compiti quotidiani sono in media il 25% della popolazione, in base a fonti Eurostat risalenti al 2010. E lo studio europeo “Economic impact and travel patterns of accessible tourism in Europe” stima la dimensione del mercato del turismo accessibile in Europa intorno ai 780 milioni di viaggi per l’anno 2012.
Per quanto riguarda l’Italia, viene in aiuto il rapporto “Inclusione sociale delle persone che soffrono di limitazioni all’indipendenza personale” pubblicato nel 2012: secondo tale documento, i disabili in Italia sarebbero tre milioni e 900 mila. Alle persone con disabilità si sovrappongono solo in parte le persone che fanno turismo per motivi di salute: secondo l’indagine ISTAT, nel 2011 sono stati in media il 10.5% della popolazione italiana.
I disabili e il turismo in Italia
Le persone che dichiarano di avere difficoltà ad affrontare una vacanza a causa di problemi collegati al proprio stato di salute è abbastanza alto, perché ammonta al 45% dei disabili.
Nel 2004 la ricerca europea C.A.R.E. ci dipingeva come un paese carente in materia di accoglienza dei diversamente abili: il 37% dei disabili che ha visitato l’Italia, pur avendo organizzato il viaggio e avendo fatto richieste di trattamento speciali, non ha poi trovato le condizioni che erano state assicurate. Le cause principali sono state la scarsa disponibilità a fornire assistenza e aiuto, la carente accessibilità dei mezzi pubblici e infine la presenza di numerose barriere architettoniche.
Secondo i dati raccolti nel Buyer Observatory del 2010 di TTG Italia, il 77% dei tour operator stranieri considerano accessibile il nostro paese, ma per il 54% degli intervistati sono carenti i trasporti ferroviari, gli alberghi per il 46% e i ristoranti per il 38%. Le carenze principali per alberghi e ristoranti non riguardano tanto il servizio, quanto piuttosto le barriere architettoniche: i bagni e le camere troppo piccoli e gli ascensori inadeguati.
Secondo un rapporto redatto da Unioncamere ISNART nel 2012, gli alberghi che assicurano bagni di dimensioni adeguate per i diversamente abili sono il 43% di quelli presenti sul territorio nazionale. L’accesso facilitato alle camere da letto riguarda il 34% delle strutture. Nel 24% dei casi c’è la possibilità di scegliere il cibo in base alle proprie esigenze alimentari. Solo nel 16% dei casi ci sono persone preparate per aiutare i diversamente abili. Tra gli alberghi dotati di ascensore, solo il 17% ne possiede uno delle dimensioni adeguate.
Secondo Stefano Paolicchi però “non basta apporre un logo di accessibilità davanti a una struttura per renderla accessibile. Ci sono tante disabilità, tante esigenze diverse e tanti livelli di adattabilità e sensibilità anche all’interno della stessa forma di disabilità”. In Italia dunque c’è ancora da superare la barriera dell’informazione e della conoscenza della disabilità. E l’associazione Handy Superabile si è presa anche l’impegno di suggerire interventi strutturali o ausilii meno costosi agli operatori delle strutture testate, in modo da migliorare la fruizione di un ambiente magari già dichiarato accessibile ma non perfettamente conforme a tutte le esigenze di una persona diversamente abile.
Alla barriera dell’informazion si aggiunge quella culturale: “spesso gli operatori del settore hanno scarsa preparazione nell’interagire con persone disabili o hanno difficoltà nell’accoglienza o pregiudizi” ha spiegato Stefano Paolicchi, che con la sua associazione organizza anche corsi per operatori turistici.
A queste barriere si aggiungono poi quelle architettoniche, che purtroppo non sono ancora state abbattute in molti luoghi lungo la Penisola.
I segnali positivi per un turismo accessibile
Rispetto al passato qualcosa è migliorato per i disabili. Il Libro Bianco sul Turismo accessibile del 2013 ha raccolto quasi 400 progetti avviati in Italia con differenze legate alla localizzazione geografica, al tipo di disabilità. Di questi progetti, solo il 14% è diffuso e sostenuto a livello nazionale, mentre la maggior parte è legato alla provincia o alla regione.
La metà di questi progetti sono ristretti a persone con disabilità speciali, l’altra metà invece non sono definiti in maniera così netta.
Le principali azione intraprese nel corso degli ultimi anni riguardano l’informazione o la segnalazione dei servizi messi a disposizione dei disabili: per questo nel 30% dei progetti sono state allestite mappe, siti web (17.2 % dei progetti) e app (2.5%).
All’informazione seguono servizi reali, indispensabili a rendere fruibili spiagge, alberghi, musei, intrattenimenti: nel 24.2% dei casi i progetti sono stati utili per rimuovere barriere, realizzare percorsi ad hoc, rendere le spiagge adatte ai diversamente abili. Nel 6.7% dei casi sono stati creati strumenti dedicati e per la stessa percentuale sono state fornite guide specializzate. Una certa quota di progetti è stata dedicata anche alla formazione (9.4%) e alla produzione di documenti di studio e ricerca sul turismo sostenibile per i disabili (8.1%).
I tipi di disabilità che usufruiranno in modo maggiore delle migliorie apportate da questi progetti sono soprattutto quelle fisiche:
Cosa resta da fare o cosa si può migliorare? Di certo occorre cooperazione tra regioni e tra diverse strutture. È necessario estendere i servizi riservati ai disabili anche ad attività, iniziative e strutture collaterali. Lo stato deve assicurare che in ogni regione i disabili possano usufruire delle offerte turistiche dedicate a loro senza costi aggiuntivi.
A questo poi si aggiungono la necessità di corsi per gli operatori, la diffusione di una migliore comunicazione informativa e l’accesso ai dati rilasciati in forma open per poter comprendere tendenze e bisogni.
L’ultima cosa da tenere bene a mente è che le strutture per i disabili non devono essere “a parte”, ma devono essere integrate perfettamente con i percorsi e i servizi di cui tutti usufruiscono. Infatti, come ha sottolineato Paolicchi, “il turismo non deve essere un’esperienza ghettizzante, ma deve favorire l’integrazione sociale dei diversamente abili”.
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