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Le teorie sui vulcani? Da rivedere

Stromboli_EruptionSCOPERTE – Nella maggior parte dei libri di testo, i vulcani che eruttano sono raffigurati nel preciso momento in cui il magma esce a fiotti dalle profondità della Terra. Eppure l’idea che ci siamo fatti riguardo a come avviene questo fenomeno è sbagliata: il perché lo ha spiegato un recente studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

In base ai dati sismici più recenti, infatti, questi getti di lava in realtà non esistono. “I mantle plumes non sono supportati da basi fisiche, o logiche”, spiega Don Anderson, professore emerito di geofisica alla Caltech e leader dello studio. “Sono un po’ come Just so stories di Rudyard Kipling, in cui si spiega in che modo le giraffe hanno finito per avere il loro lungo collo”. Secondo l’attuale teoria dei mantle plumes, continua Anderson, il calore proveniente dal nucleo terrestre genera in qualche modo questi piccoli getti di magma bollente, che passano attraverso il mantello fino alla superficie. Si comportano come dei tubi che trasferiscono il calore, ma non è mai stato chiarito come dovrebbero formarsi. Siè tuttavia ipotizzato che, arrivati in superficie, generino quelli che vengono chiamati hotspot: regioni di magma atipiche, spesso confuse con gli stessi mantle plumes.

Nessuno finora era stato in grado di rintracciare i mantle plumes, nonostante le prove al riguardo non fossero considerate definitive. Esisteva infatti la possibilità che fossero troppo piccoli per essere individuati, spiega Anderson, e molti elementi al di sotto della superficie erano state interpretate come potenziali zampilli. In ogni caso, ritenute troppo lontane per determinarlo con certezza. Eppure si assume che esistano, originati vicino al punto in cui il nucleo viene a contatto con il mantello, a circa 3.000 chilometri di profondità. A metà strada, insomma, dal centro del pianeta.

Negli ultimi 20 anni non sono mancate le ricerche e, fanno notare gli scienziati, anche parecchi investimenti, per scovare questi sfuggenti mantle plumes che si fanno strada attraverso il mantello. Proprio durante queste ricerche si è approfittato per analizzare l’attività sismica globale; tutto, dai grandi terremoti fino alle piccole scosse, emette onde sismiche, le quali vengono influenzate dai materiali che attraversano anche dal punto di vista della velocità.

Misurando tali onde, tramite centinaia di stazioni sismiche in superficie in punti strategici vicino alle Hawaii, all’Islanda e al parco di Yellowstone, i ricercatori sono stati in grado di stabilire se vi fossero dei piccoli mantle plumes, gli zampilli, oppure i vulcani fossero stati creati semplicemente dalla presenza di magma che viene assorbito dal mantello. L’analisi sismica del pianeta, commentano Anderson e i colleghi, è dunque risultata abbastanza accurata da confermare che non vi sono mantle plumes. Ci sono invece grandi (e lente) parti di mantello che si spostano a migliaia di chilometri di distanza.

Le nuove misurazioni suggeriscono infatti che ciò che davvero accade sia proprio il contrario di quanto ipotizzavamo. Al posto degli zampilli esistono ampie risalite del materiale nel mantello, e a guidare il fenomeno ci sono i movimenti convettivi del mantello stesso; il magma, meno denso del mantello circostante, risale fino a scontrarsi con la base delle placche o le fessure che le intervallano. Lo stress tettonico, le fratture e altre forze tettoniche possono far sì che il magma fuoriesca (come succede con l’acqua da una spugna) in superficie come vulcano, a partire dai 200 chilometri superiori del mantello e non da migliaia di chilometri di profondità -come suggerisce invece la teoria dei mantle plumes-. “Si tratta della semplice dimostrazione del fatto che i vulcani sono il risultato della normale convezione su larga scala, e della tettonica delle placche”, spiega Anderson, che definisce la teoria ‘tettonica top-down’. Vulcani e fratture nelle placche sono, dunque, effetti collaterali.

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Crediti immagine: Wolfgang Beyer, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".