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Da Mississippi baby a Milan baby

6813384933_1fb31d73fb_zCRONACA – Il caso ricorda molto quello di Mississippi baby, e ancora una volta un bambino che sembrava essere stato curato dall’Hiv è nuovamente risultato sieropositivo, poco dopo aver sospeso le terapie antiretrovirali (ART).

La madre del bambino aveva fatto uso di droghe per via endovenosa in passato, spiegano i medici, ma non sapeva di essere sieropositiva. Non si era perciò mai sottoposta ad alcun tipo di terapia antiretrovirale, e la patologia le era stata diagnosticata solo una volta che già si trovava in ospedale al Luigi Sacco di Milano, alla 41esima settimana, con le doglie. Il bambino è così nato sieropositivo anche lui, nel 2009, e a poche ore dalla nascita sono iniziati i trattamenti ART.

“Trattamenti da subito molto aggressivi, proseguiti in parallelo con le analisi per monitorare la carica virale. Durante i tre anni di terapie continuative questa ha continuato a scendere in maniera evidente, fino a raggiungere livelli non più rilevabili. A un certo punto il bambino si era sieronegativizzato”, spiega a OggiScienza Mario Clerici dell’Università di Milano, tra gli scienziati che hanno da poco riportato il caso sulla rivista The Lancet.

Ancora una volta, le circostanze potevano far pensare a una guarigione. “La madre perciò ci ha chiesto di poter sospendere il trattamento, e volevamo verificare che effettivamente il virus non ci fosse più, che l’Hiv fosse stato curato in quei tre anni di terapie: abbiamo condotto test immunologici approfonditi, molto sofisticati, e ci siamo accorti che nonostante all’apparenza fosse scomparso il virus in realtà era ancora lì, e continuava a replicarsi. Anche se sembrava una guarigione, andando a cercare sui linfociti T le tracce erano comunque sempre presenti. Una settimana dopo la sospensione della terapia, infatti, Hiv era tornato: il bambino era nuovamente sieropositivo, il virus c’era ancora, anche se non si vedeva più”, racconta Clerici.

Ora il bambino segue una terapia antiretrovirale, che gli permette una buona qualità della vita, ma l’Hiv non se n’è andato. Come per Mississippi baby ancora non si può pensare d’aver trovato una linea d’azione efficace per debellare il virus, anche se in quel caso, a differenza di questo più recente, mancavano dati precisi anche per quanto riguarda il follow-up medico e l’aderenza, negli anni, alle terapie ART. “La situazione di Mississippi baby era stata ambigua fin dall’inizio”, commenta Clerici, e molti medici non si sono affatto stupiti nell’apprendere la notizia che la bambina fosse nuovamente infetta.

“Ci sono dati che mostrano come nel giro di pochissimo tempo il virus riesca a uscire dal sangue. Si annida nei tessuti, nel cervello, nei muscoli, dove non è raggiungibile efficacemente dai farmaci. Resta silente, però c’è”, spiega Clerici. “La nostra speranza era che nei bambini piccolissimi la terapia precoce e molto aggressiva potesse funzionare, in quanto il loro sistema immunitario è molto più plastico. Non è stato così. Negli adulti si era tentato qualche anno fa di sospendere la terapia quando il virus apparentemente sembrava scomparso. Sappiamo già che in quei casi non funziona”.

Al giorno d’oggi sono disponibili molte tipologie di farmaci antiretrovirali, che hanno permesso di ridurre il tasso di mortalità della patologia e concedono alle persone sieropositive una buona qualità della vita, paragonabile a quella delle persone sieronegative. Il virus tuttavia non può ancora essere debellato, e la ricerca continua. “Rimane comunque un grande successo il fatto di aver ottenuto, negli anni, che la trasmissione del virus durante la gravidanza sia evitabile quasi al 100%, se la madre viene trattata adeguatamente. Con terapie pre-parto e intra-parto, durante le doglie, seguite da un cesareo”, conclude Clerici, “i bambini nascono praticamente senza rischiare il contagio”.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: NIAID, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".